La signora Clelia – quinta puntata
La signora Clelia amava il mare. O almeno il suo ricordo. Ma non poteva essere poi cambiato, il mare. Acqua e sale era, acqua e sale doveva essere, ancora. Perché la signora Clelia quello amava. Tutto il resto era contorno. Ugualmente piacevole, seppure diverso. Sabbia fine, grossa, bianca, scura. E ciottoli, pietre, scogli. Erano tutti contorni appetibili dello stesso piatto principale e bastevole, anche da solo, a soddisfare la fame nei sorsi d’aria a testa alta sottratti all’abbandono dell’immersione. Da troppo tempo non ne sentiva il gusto, assaporato incidentalmente e più a lungo ritrovato sule labbra. Rimasto nella testa il motivo, come di quella canzone omonima che poco aveva a che fare con il suo personalissimo rapporto col mare, era l’aria che le mancava e una ragione nuova per affrontare la distanza coltivata tra il desiderio e la risoluzione. Fu la sua amica Raffaella, inconsapevolmente, a solleticare l’appetito e farle riconsiderare l’idea. La signora Raffaella andava al mare. Ombrellone e lettino. Tuffi rapidi e lunghe soste al sole. E chiacchiere, ancora, con la mamma attenta ai giochi del figlio, con la giovane straniera in viaggio da sola, con il ragazzo palestrato sul telo poco distante e il nonno galante in cerca di compagnia. Erano queste le immersioni che preferiva, nella stabilità di un’umanità risolta più dolcemente della corrente del mare e trasparente come la sua superficie. Perché l’acqua evapora, al sole, e il sale resta, sulla pelle e nell’anima, e brucia. Nel racconto asciutto della signora Clelia, lambito appena sulla riva della passione trascorsa, la signora Raffaella accarezzò più a fondo l’idea di un tuffo al largo dalla consuetudine rumorosa del giorno, sotto il cielo stellato della notte silenziosa come il mare, distante. L’amica riemerse dall’abisso dell’incertezza e si offrì all’ipotesi dei raggi. Non avrebbero potuto bruciare più del sale, all’ombra confortante di una chiacchiera.
Maria La Bianca
To be continued