Givenchy III
Un’accortezza inaspettata. Sollevò i capelli che scivolavano fra le scapole del pullover primaverile da poco, e li adagiò sotto l’orecchio, a defluire lungo il collo chiaro. Si sedette di fianco, poco indietro, sul lembo esterno della stessa sedia, accostando il proprio profilo a quello intento su una pagina di ripasso, incurante, all’apparire, del garbato stanziarsi nelle vicinanze. Le inglesine di una finestra gigante, aperta a spicchio sul lato sinistro del ripiano, facevano gli omaggi all’anticipo di mezzogiorno, balenante fra i riflessi castani e i petali blu di un fermaglio di osso. Lo aveva scelto, l’ormai distratta lettrice, fra i diversi altri, ugualmente belli e nuovi, per quelle pennellate delicate e decise. Fantasia d’arte, una posa di cielo in mi maggiore. Aveva percorso la via dei negozi e delle concorrenziali bancarelle come una turista stagionale, mirando con immaginata casualità all’eldorado del suo peregrinare. La vetrata in diagonale fra la passeggiata e l’ingresso di una ben nota profumeria a cinque lettere, unico riparo ai tesori disposti su un dispiegarsi interno di ripiani eterei, per lo più fermagli cerchietti fermacapelli, raffinati eleganti essenziali sobri. Irresistibili. Il tempo dedicato alla accurata analisi di confronti e possibilità per la piccola tracolla si confondeva con le essenze e le fragranze disseminate attorno, sprigionate da quel perimetro magico, come accordi orchestrali che precedono una prima. Il prescelto fermava l’incontro di due bande setose sopra la nuca, quel mattino. Scivolava arrendevole, con la tenacia della sua piccola presa a fiori.