Muriel – 27 Ritorno in biblioteca

Muriel – 27 Ritorno in biblioteca

L’avventura in presidenza diede ai ragazzi nuovo entusiasmo e nuovi grovigli da sciogliere. Ritornando a casa, commentarono i colpi di scena accaduti quella mattina e cercarono di appagare la sete di curiosità degli amici, curiosi di sapere ogni piccolo dettaglio di quella mattinata così incredibile. Dopo pranzo, una volta nella sua stanza Carletto, non riusciva a togliersi dalla testa le parole dette da Laura e John e, per quanto avesse già aperto libro e quaderno di italiano per fare i compiti, pensava piuttosto a escogitare un piano utile a recuperare i tasselli mancanti di quel puzzle sempre più intrigante; progettò quindi di estorcere a don Lorenzo quanto sapesse, magari andando a trovarlo in parrocchia con una scusa qualsiasi.

 «Che ne pensi Andrea? Secondo me è una buona idea.»,confidò Carletto alla sorellina.

«Sì, bella trovata e con quale scusa ti presenti a Don Lorenzo?», , lo mise davanti ai fatti Andrea,  richiamata  dalla camera accanto.

 «Beh … non so, potremmo raggiungerlo insieme per chiedere delle prove del coro: fra un mese sarà la Santa Pasqua e noi abbiamo sempre cantato in occasione della messa solenne. Sì, potremmo fare così», pianificò all’impronta Carletto, chiudendo il quaderno a righe e voltandosi verso la sorella, che si era seduta accanto a lui.

«Potrebbe essere un’idea, ma poi come introduciamo il discorso del quadro?», rifletté perplessa Andrea, dilettandosi a fare del foglio che aveva fra le mani una barchetta.

«Non so, forse dovremmo chiedere il parere di Laura!», suggerì Carletto, inclinando il collo per seguire il varo della barchetta sul piano della scrivania.

«Ecco sì, questa è una grande idea, se non sbaglio il padre di Laura è amico di Don Lorenzo. Potremmo coinvolgere lui in tutta questa storia e avere l’aiuto concreto di un adulto.», propose Andrea, con gli occhi che le scintillavano per l’iniziativa escogitata e per la navetta ormai in pieno viaggio sul legno.

«Ecco, tieni, te la regalo», proseguì la bimba, passando la piccola barca nelle mani del fratellino.

«È magnifica Andrea!».

«Che cosa, la barca o la mia idea?».

«Tutte e due le cose, naturalmente. Forse è meglio chiamare Jasmine!», proseguì il bimbo; ma, come di consueto, l’intenzione appena espressa bastò per l’arrivo repentino dell’angelo.

«Eccomi qua … », li salutò bucando il nulla e spandendo luce intorno.

«E ti pareva che non ci faceva prendere un colpo», esclamò Andrea, portandosi le mani sul viso per ripararsi gli occhi dal bagliore.

«Scusate, non è colpa mia, io non vorrei infastidirvi, ma visto che già sapete che la nostra luce è così abbagliante, perché quando ci chiamate non inforcate un paio di occhiali da sole?», cercò di giustificarsi Jasmine imbarazzatissimo.

«Eppure è un bel suggerimento, lo farò presente alla combriccola, bravo Jasmine», osservò Andrea alzandosi per andarsi a sdraiare sul letto di Carletto.

«Jasmine, grazie per essere venuto subito, non so se hai seguito i nostri discorsi, ma avremmo bisogno di parlare con Laura», disse da parte sua Carletto.

L’angelo, fluttuando accanto ad Andrea, rassicurò il piccolo sorridendogli: «Laura è già stata informata da Violet, oramai operiamo tutti all’unisono e penso che già la piccola si stia mettendo all’opera con il padre. Presto avremo una risposta».

«Senti Jasmine, visto che aspettiamo notizie, nel frattempo perché non ci spieghi com’è che don Lorenzo ha le foto?», propose Andrea, seguendo con le dita il contorno delle ali dell’angelo, facendo attenzione a non toccarle.

«Se la smetti un po’ di giocherellare con le mie fattezze spirituali, può darsi che posso venire in vostro aiuto», rispose Jasmine, infastidito per essere preso come esperimento di gioco.

«Sì Jasmine, dicci qualcosa, com’è che don Lorenzo custodisce le foto?», replicò Carletto, accomodandosi sul letto.

«Per dire la verità, io non so granché, ma presumo che quando il Monsignore ha preso coscienza del fatto di essere oggetto di insidia da parte del nemico, considerata l’importanza delle foto, le ha consegnate in una busta sigillata a don Lorenzo, per metterle al riparo da un’eventuale vittoria del nemico sulla propria volontà e sul proprio autocontrollo».

«Quindi, anche il nostro don Lorenzo conosce la verità su tutta la vicenda!», chieseLaura all’angelo, notando che la sua aureola iniziava a cambiare di colore.

«Non so fino a che punto», rispose Jasmine interrompendosi improvvisamente, come se avesse ricevuto un’interferenza: «Sì Violet! Ci sono novità da parte di Laura, sì aspettate»; Jasmine scomparve nel vuoto per riapparire subito dopo con Laura e Violet.

«Ciao a tutti», disse Laura raggiante.

«Ma che avete, non siete contenti di vedermi!?», chiese Laura, notando l’espressione raggelata dei due amici, evidentemente sorpresi per il suo fulmineo arrivo dal nulla. «Sapete,ho organizzato tutto, ho parlato con mio padre e l’ho convinto ad invitare don Lorenzo a casa nostra, per aiutarci a completare la ricerca di storia locale che la prof di lettere ci ha assegnato. D’altronde chi, meglio del parroco di una chiesa, conosce la storia gloriosa del nostro territorio?», concluse con le mani sul cuore e gli occhi al cielo. Andrea e Carletto si guardarono più stupiti di prima e, rivolgendo lo sguardo a Laura, esclamarono: «Ma tu sei un genio!».

«Grazie, grazie, ma penso che il vero genio sia Carletto che ha avuto l’idea di interpellare don Lorenzo.», disse Laura mandando un bacio con la mano all’amico.

«Si, però è stata Andrea a ricordarsi che don Lorenzo è amico di tuo padre e a pensare di rivolgerci a te, quindi siamo dei geni tutti e due», aggiunse Carletto abbracciandosi la sorellina, che ricambiò con un sorriso e chiese subito:

«E quando sarà questo invito?».

«Penso questa domenica. Papà ha intenzione di invitarlo a pranzo, così, conclusa la messa, passerà tutta la giornata con noi e naturalmente siete invitati anche voi, John ed Henry. D’altronde, una buona lezione di storia fa bene a tutti».

Carletto e Andrea si guardarono entusiasti e stavano per abbracciare istintivamente l’amica, ma Andrea si fermò in tempo e poi allungò le braccia verso il fratello in segno di stop.

 «Evitiamo altri contatti, Carletto, già di normali siamo rimasti in pochi», disse scherzando e, girandosi verso Laura, le sorrise bonariamente e le disse con occhi complici.

«Grazie Laura, veniamo ben volentieri, sarà una giornata molto interessante».

«Bene, ora torno a casa, vorrei fare i compiti e poi cercare di organizzare un piano».

 «Quale altro piano?», chiese Carletto disorientato.

«Scusate, dobbiamo finire di trovare il quadro o sbaglio? Dobbiamo andare a rovistare i punti segnati dal preside o no?».

«Ok, ok abbiamo capito, quando finisci i compiti chiamaci», si arrese l’amico.

«Veramente, volevo prima fare un salto in biblioteca per consegnare i libri presi in prestito, e magari sfogliarne qualche altro».

«Adoro le biblioteche, vengo con te», reagì Carletto.

«Anche io vengo, non ho mai visto di presenza una biblioteca », lo seguì Andrea alzandosi dal letto.

«Certo, non sai leggere!», disse il fratello, portandosi le braccia attorno al capo per schivare la mano della sorella pronta a scivolare sulla sua nuca.

«Va bene, va bene, se proprio lo desiderate, vi faccio chiamare da Violet. Ci vediamo dopo». Laura li salutò così e in un attimo sparì insieme al suo angelo.

Rimasti soli, anche Andrea e Carletto si buttarono sui compiti, pur di finirli subito. Intanto Laura, seduta alla propria scrivania, tirava giù un rapido elenco delle cose da fare per la missione; passava dunque alla geografia, ma la sua mente correva repentina al Monsignore e all’orripilante figura accanto a lui. Ciò che non riusciva a spiegarsi era come potesse un esorcista farsi ingannare dal diavolo, era il colmo. A questo punto, chiunque poteva essere insidiato. Proprio queste riflessioni avevano convinto Laura a ritornare in biblioteca. D’altronde il demonio avrebbe preteso il cuore direttamente da lei senza intermediari, quindi doveva cercare di proteggersi dagli attacchi negativi e documentarsi bene sull’angosciante argomento. A distoglierla dai suoi pensieri fu l’espandersi improvviso alle sue spalle di una luce accecante e di un odore molto intenso. Si voltò istintivamente, riparandosi gli occhi con la mano. Dopo alcuni secondi, abituatasi al bagliore, allontanò la mano dal viso e intravide una testolina fra due ali che sventolavano impertinenti senza fermarsi.

«Buon pomeriggio Laura! Scusami se mi sono presentato senza la tua chiamata, ma John vorrebbe parlarti e desidera sapere dove vi potete incontrare», le riferì Camomile fremente, rimanendo seminascosto nel vuoto.

«Dovevo parlare proprio con lui. Fagli sapere che avrei bisogno dei libri da consegnare in biblioteca e che se vuole verso le cinque può venire con noi a consegnarli», rispose Laura incuriosita da ciò che l’amico avrebbe voluto dirle.

«Bene, ora riferisco», rispose Camomile. Appena qualche secondo per recapitare il messaggio e proseguì: «Ok, alle cinque puntuali verrà qui! Mi ha chiesto di ricordarti di togliere l’orchidea dal libro che devi consegnare in biblioteca».

«Va bene, grazie!».

Ritornata davanti al libro di geografia, Laura tentò di concentrarsi sulla foresta nera nel cuore della Germania: lesse che era vasta ed estesa, una delle più grandi d’Europa, ricca di vicende storiche e sede di castelli protetti e isolati dal contesto naturale. Mentre studiava assorta, un brivido improvviso le attraversò il corpo, bloccandole il respiro. Si guardò attorno, ma non vide nulla. Rimase qualche minuto immobile, si alzò di fretta, si avvicinò al comodino, aprì il cassetto, prese il libro dove aveva racchiuso l’orchidea e controllò che fosse ancora lì. Questa le si presentò in tutta la sua freschezza e il suo profumo e Laura, alla sua vista, ebbe un sollievo. La osservò respirandone per alcuni istanti la fragranza, poi quasi a malincuore la conservò, non più fra le pagine del libro, pronto così per essere consegnato alla base, ma libera, all’interno del cassetto. Tornò a sedersi con l’intento di continuare a viaggiare all’interno della foresta nera, ma la sua attenzione, questa volta, fu attratta dal richiamo di Jasmine che, inviato da Carletto, voleva sapere l’orario dell’appuntamento.

«Alle cinque sotto casa mia», comunicò Laura all’angelo, dando un’occhiata fugace all’orologio a muro sopra la scrivania. «Quindi tra dieci minuti», aggiunse scattando dalla sedia come una molla.

«Vado», rispose Jasmine.

Il tempo di spazzolarsi i capelli, indossare il giubbotto e Laura uscì di casa con uno dei libri da restituire sotto il braccio. Attraversò il vialetto e si sedette ad aspettare gli amici sul basso muro di cinta del giardino.

«Ciao Laura, eccoci siamo qui», si fece avanti Henry, uscendo dalla sua villetta con l’altro libro in mano.

«Ciao Henry, anche tu sei dei nostri», lo accolse solare Laura.

«È naturale, non posso mandare mio fratello in giro da solo e poi non mi voglio perdere questa visita tra gli scaffali degli spiriti», e con le braccia imitò il movimento delle ali angeliche.

«Ahi! Lavander scusami, stavo scherzando», gridò Henry con le mani alla nuca, per ripararsi da qualche altro eventuale colpo e suscitando la risata dell’amica.

«Ciao Laura, che ha combinato mio fratello, ne ha dette una delle sue, eh?!», salutò John avvicinandosi a Laura e baciandola sulla guancia.

«Certo, oramai mi sono fatto la fama», mormorò Henry, recitando la parte dello sconsolato.

«Ciao, tuo fratello è simpaticissimo», ribatté Laura.

«Ciao ragazzi, siamo qui», si affrettarono a raggiungerli con una corsa Carletto e Andrea.

«Bene, tutti puntualissimi: andiamo, vorrei fare una ricerca più approfondita su ciò che abbiamo scoperto», disse quasi a se stessa Laura, avviandosi verso il cancello principale.

«Anche sul quadro?», chiese Carletto strofinandosi le manine infreddolite.

«Anche su quello, ma non solo».

«Io vorrei ricercare qualcosa che riguarda più da vicino la storia dell’istituto», diede il suo contributo John che, affiancandosi a Laura, uscì in strada, seguito dal gruppetto, per raggiungere la biblioteca.

L’edificio di marmo si presentò a loro in tutta la sua magnificenza secolare. I ragazzini furono intimiditi da tanta solennità e salirono la gradinata non riuscendo a distogliere lo sguardo dalla sua imponente facciata. In cima alle scale, si ritrovarono davanti una grande porta a vetri. Laura la spinse ed invitò i suoi amici a starle dietro. Una volta dentro, si fermarono a scrutare le misure gigantesche del corridoio in marmo, abbellito da drappi, quadri e arazzi. A questo primo impatto si aggiunse l’effetto sorprendente provocato dalla sfilza di busti di pietra, sistemati lungo le pareti e che ritraevano personalità con un passato glorioso. I ragazzini si divertirono a leggerne le targhette e risero di certe strane espressioni riportate sotto alcuni busti.

«Ehi ragazzi, leggete qua!», disse Andrea, soffermandosi davanti ad una statua dalle forme familiari. Gli amici le si avvicinarono con pochi passi e lessero insieme a lui: «San Michele Arcangelo protettore del cielo e della terra ». « … uhm! Allora ci saranno anche gli altri», intuì Laura, «ma che attinenza ci sarà con … ».

«Guardate, qui c’è San Gabriele», sussurrò Carletto vicino ad un’altra statua.

«E qui San Raffaele», aggiunse Henry con un tono più alto della voce.

«Ssss! Siamo in una biblioteca, non puoi gridare in questo modo», lo riprese Laura, lanciando un’occhiata fugace verso la porta attigua alla sala lettura, dove il silenzio era sovrano.

«Impara a comportarti come si deve fratello, se non vuoi staccata qualche parte del corpo dal generale Loreto», intervenne serio John, suscitando una risata generale.

«Ssss!!! Ragazzi, per favore, siamo in un luogo di lettura, accomodatevi se dovete cercare qualche libro», li richiamò una signorina, mostrandosi all’ingresso della sala libri. Intimiditi, i ragazzi si zittirono immediatamente e a capo chino entrarono nell’immensa stanza dei libri. E come accadde a Laura la prima volta che entrò in biblioteca, anche ai suoi amici si spalancò l’incanto: l’ampiezza geometrica, i tetti intarsiati d’oro, il silenzio profondo, la distribuzione fitta e massiccia dei volumi in ogni direzione presa dallo sguardo. Scaffali e libri ovunque. A distoglierli da quel panorama di dorsi miele, grigiastri, ebano, testa di moro, scuri o biancastri, collocati a scorrimento ininterrotto sulle pareti, l’invito dell’addetta alla consultazione da poco conosciuta. 

«Buonasera ragazzi. Allora, desiderate prendere qualche libro in particolare?». «Sì, cerchiamo letture riguardanti gli spir … mi scusi, gli angeli», le rispose Henry, incartandosi un po’ sulle parole.

«O bene Henry! Seguitemi tutti, vi indico il corridoio dove potete sbizzarrirvi nella ricerca», fece strada la ragazza, lasciando Henry di sasso.

«Ma come, conosce il mio nome?», esclamò sottovoce il ragazzo a Carletto, ance lui spiazzato.

«Forse conosce tua madre», suppose il piccolo.

«Uh, scusi signorina, io dovrei consegnare questi libri presi in prestito giorni fa», intervenne Laura, mostrando il libro che aveva in mano e quello che aveva sottobraccio Henry.

«Oh sì, certo. Vi accompagno al reparto angelico e poi, se ti avvicini un attimo al bancone ti faccio firmare la consegna», rispose l’hostess.

«D’accordo, siamo con lei», disse Laura guardando Henry.

«Su dai Carletto, non attardarti su un tavolo che non ti riguarda, resta con i tuoi amici», continuò la guida, sollecitando il bambino che si era trattenuto a sbirciare, dietro le spalle di alcuni ragazzi, il testo che stavano consultando. Ancora uno di loro chiamato per nome: i ragazzi si scambiarono sguardi basiti, chiedendosi come facesse a conoscere i loro nomi quella strana hostess. Ma chi era per davvero? La signorina, incurante degli interrogativi che necessariamente suscitava, li condusse presso un corridoio, a vista d’occhio smisurato, che già Laura conosceva.

«Qui penso troverete ciò che vi interessa, se avete problemi io sono all’ingresso al banco accettazione e ricordatevi che questo è un luogo di silenzio», raccomandò la ragazza; poi, rivolgendosi a Laura, disse: «Prego Laura, da questa parte». Con passo sicuro si avviò, seguita dalla bambina e da un Henry poco convinto. Gli altri ragazzini continuarono a ripetersi la stessa domanda, a cui Andrea, con ragionamento analogo a quello del fratello poco prima, provò a dare una risposta: «Forse conosce i nostri genitori».

 «Può darsi, anche perché guardandola bene ha qualcosa di familiare», la sostenne Carletto, oramai incantato davanti alla molteplicità dei volumi incastonati tra gli scaffali, delle librerie che si ergevano come due muraglie equidistanti: «E qui come ci regoliamo?», bisbigliò spaziando con gli occhi da destra a sinistra. Anche gli altri oramai esploravano i vari ripiani e senza più parlare si estraniarono l’uno dall’altro, perdendosi dietro ai titoli di quei testi così accattivanti. Laura ed Henry si unirono a loro silenziosi, e, fermandosi un attimo a osservare i loro amici, sorrisero nel vederli così impegnati in quella ricerca quasi surreale. Lasciando l’amico alle prese con la distesa dei volumi, la ragazzina si avvicinò allo scaffale dei libri già consultati la volta precedente e scorrendo l’indice in orizzontale sui vari titoli, si soffermò per arrestarlo sull’Opus Angelorum, il volume dove aveva trovato l’orchidea.

Lo prese di nuovo e di nuovo le risultò pesante. Riuscì comunque a posizionarlo sull’avambraccio sinistro per sfogliarlo, fino a quando dalle pagine impolverate, velocemente voltate con la destra, scivolò un bigliettino logorato e giallognolo ripiegato in due. Il cuore di Laura entrò in fibrillazione, mentre gli occhi accompagnavano la caduta del piccolo rettangolo liso. Non sapeva che fare, poiché il volume era molto pesante e le veniva difficile appropriarsi del foglietto, infine fece l’unica cosa che effettivamente poteva fare, lo adagiò delicatamente a terra prese il bigliettino, se lo mise in tasca e si girò intorno, incrociando lo sguardo di John che la osservava preoccupato. La bimba, al suo sguardo, arrossì e prendendo di nuovo il libro tra le mani cercò di alzarsi non senza difficoltà, ma una mano la prese da sotto il braccio aiutandola ad alzarsi.

«Grazie Henry, ne avevo bisogno, questo libro è così pesante»,ringraziò Laura rossa in volto.

«Di niente, pensavo stessi pregando, poi ti ho visto in difficoltà e sono arrivato in tuo aiuto come un vero cavaliere», disse sorridendo Henry, ma intercettando John che si avvicinava torvo le lasciò immediatamente il braccio e con piglio ironico, aggiunse sottovoce: «Calma John, ho solo aiutato la donzella ad alzarsi, ero dietro di lei e l’ho vista chinarsi: allora ho pensato, o ha avuto un mancamento o sta mettendo in pratica qualche esercizio spirituale ispiratole da qualche angelo … Ahi! Scusate scherzavo», concluse strofinandosi la testa, su cui Lavander aveva fatto sentire un colpo leggero della sua ala.

«Sì, ho notato», disse John serio, provando a mantenere basso il tono della voce; poi, addolcito lo sguardo, chiese a Laura cosa stesse leggendo. «Gli Arcangeli e il segreto dei loro nomi», sussurrò Henry per lei, sfilandole il libro dalle mani e volando al primo tavolo da lettura.

«Veramente io non avevo neanche visto il titolo di quella pagina, ho trovato un biglietto e l’ho messo in tasca, ma voi mi avete visto eh! Mi sono confusa … », protestò spaesata Laura.

«Fammi vedere questo biglietto», la interruppe John. Ripescatolo dalla tasca, la bambina glielo consegnò. John lo prese e lo aprì delicatamente: era logoro e riportava delle parole scritte. «Ma è latino, tu conosci il latino?», bisbigliò Laura, sbirciando la scritta all’interno del foglietto aperto, tra le mani di John.

«Un poco, ma non so proprio cosa ci sia scritto, ho bisogno di un vocabolario».

«Ma dai, prova a leggerlo!», insistette Laura.

«Ok, ma non mi strattonare più … Allora uhm! … Quattro son i tempi ehm…  e … e qui non … mi dispiace, ma non ci capisco più niente, ho bisogno del vocabolario».

John rimase silenzioso di fronte a quel periodo incomprensibile e si voltò a guardare Laura che aveva un’aria beata. «Che hai?», le chiese stupito John, visto che non la vedeva per niente turbata.

«Non so, ma questo è un luogo che mi dà tanta pace, dai John lo decifriamo a casa, per ora portiamo avanti le nostre ricerche», suggerì Laura, voltandosi a esaminare di nuovo i libri sugli scaffali e lasciando l’amico sbigottito da quello strano comportamento.

John si mise il biglietto in tasca e riprese a passare in rassegna i vari titoli dei libri … «Angeli buoni e angeli cattivi, … Battaglie nei cieli … uhm certo che qui c’è di tutto, ma io vorrei qualcosa di più specifico, guardiamo qua», pensò, leggendo con il collo proteso in alto i titoli al piano di sopra. «La ribellione di Lucifero … interessante questo … I luoghi del bene e del male, questo, questo fa proprio al caso mio», e lo estrasse dal suo posto: cercò di ripulirlo dalla polvere soffiandoci sopra e iniziò a sfogliarlo.

«Uhm! Guarda un po’, Scogli di speranza, sì lo prendo»,e con il volume sotto il braccio il ragazzo si diresse anche lui verso il tavolo di lettura, dove trovò tutti gli altri impegnati a consultare vari testi.

«Ehi Laura, che stai leggendo?».

Senza parlare, Laura mostrò la copertina a John dove, con caratteri molto antichi, vi era scritto «Uno scudo contro il diavolo e le sue influenze». John rimase impressionato da quel titolo e neanche il dolce sorriso di Laura e il suo pollice alzato per informarlo che era tutto a posto riuscirono a tranquillizzarlo.

«Ehi John, guarda che ho trovato!», gli bisbigliò Carletto, esibendogli la copertina di un volume che sembrava più nuovo rispetto agli altri. «Misteri celati sugli Arcangeli … e guarda quello di Andrea, è spettacolare Oggetti e indizi particolari appartenenti al mondo degli angeli».

John osservò i titoli e fece un sorriso ai ragazzini, poi si voltò a guardare Henry che era totalmente immerso nella lettura del significato del nome di San Michele.

«Buonasera ragazzi, vedo che il viaggio nella cultura per voi non finisce a scuola».

 I ragazzi alzarono gli occhi e rimasero inebetiti dalla visione del preside, in carne e ossa.

«Buonasera», risposero, senza aggiungere altro.

«E allora, che state leggendo di bello?», chiese il preside protendendo il volto per indagare fra le pagine dei libri, ma loro furono più veloci, coprendo con le braccia le pagine dei volumi.

«Niente, per dire la verità si è fatto tardi e stavamo rientrando a casa: che ne dite ragazzi, i nostri genitori ci aspettano?», prese l’iniziativa Laura e, chiuso il libro, si alzò portandoselo in braccio.

«Fate pure, io devo fare alcune ricerche», li congedò il preside guardando verso il corridoio “angelico”. «È stato un piacere incontrarvi in questo luogo, ci vediamo domani a scuola. Buona serata».

«Buona serata a lei signor preside», risposero i ragazzi, sempre con tono sommesso, immaginando su cosa vertesse la sua ricerca.

I ragazzi raccolsero i libri e si avvicinarono al banco di accettazione dove ad attenderli, questa volta, vi era anche un ragazzo, più o meno dell’età dell’hostess.

«Buonasera, avete scelto dei libri da portare a casa?».

«Sì certo!», rispose Laura, finalmente con voce piena, al giovanotto che le sorrise.

«Bene Laura, dovresti darmi la tessera dell’altra volta, se non ti dispiace».

«Oh! Certo un attimo … ma com‘è che anche questo mi conosce … ah! Eccola qui!».

Mentre il ragazzo timbrava il tesserino e registrava il volume preso in prestito, Laura lesse il nome stampato sul suo cartellino, Raffaele; guardò allora anche quello della signorina, si chiamava Michela. «Si chiamano come gli arcangeli», pensò con facile deduzione.

«Signorina Laura, qui c’è il suo tesserino, mi raccomando la consegna dei libri è entro due mesi», le comunicò il ragazzo affabilmente, ma Laura lo ascoltava distratta, attratta piuttosto dai suoi occhi, che le richiamavano qualcosa di familiare. Gli sorrise per mantenere in apparenza il filo della conversazione e ricevette in cambio il suo sorriso, che la incantò definitivamente.

«Ehi! Laura possiamo andare?!», gridò John, accorgendosi degli sguardi tra i due e, mettendole un braccio sulla spalla, la spinse delicatamente fuori, non risparmiando sguardi intimidatori al ragazzo dell’accettazione, che continuava a sorridere in maniera sempre più accentuata.

I ragazzi riattraversarono i corridoi delle statue senza parlare e, una volta fuori dalla porta a vetri, inspirarono tutta l’aria che entrava nei loro polmoni per poi emetterla lentamente e liberarsi dall’ansia accumulata, negli ultimi dieci minuti, al bancone di accettazione. Sostando un po’ sulla scalinata di marmo, inspirarono di nuovo e si accorsero che l’aria era fredda e, come svegliatisi da un letargo, si coprirono per bene e s’incamminarono verso casa, commentando il pomeriggio appena trascorso.

«Questa visita in biblioteca oggi mi ha turbato più della perdita dell’ultima partita di pallavolo», esordì Henry con lo sguardo perso nel vuoto.

«Anche per me è stato inquietante. Quei due sapevano i nostri nomi, i moduli che ci hanno dato per compilarli erano già riempiti … », aggiunse Andrea con lo sguardo perplesso.

«Per non parlare delle statue degli arcangeli e dell’arrivo del preside. Tutto è così … così strano», continuò Carletto stringendosi dentro il suo giubbotto di pile.

«E non avete notato i nomi dei due signori della biblioteca? Raffaele e Michela!», aggiunse Laura attirando tutti gli sguardi su di sé.

«No! Non mi dire!», esclamò Carletto fermandosi all’improvviso, proprio davanti la cancellata di casa.

«E il bello deve ancora venire», esclamò a voce alta John, mentre apriva il cancello principale del loro parco.

«Che vuoi dire, fratello?», domandò Henry oltrepassando la cancellata e fermandosi per aspettarlo.

 «Laura oggi in biblioteca ha fatto un’altra scoperta interessante, raccontala tu Laura», disse John. Laura intrattenne i ragazzi con la descrizione minuziosa della scoperta del biglietto, poi preso e conservato da John, per via dell’aria improvvisamente beata e vaga assunta dal suo volto, che la screditava un po’ sul filo della responsabilità.

«Non so cosa mi ha preso, è come se quel biglietto fosse stato colmo del mondo angelico e prendendolo tra le mani ho fatto il pieno di spiritualità. Non so se avete una minima idea di che cosa significhi essere ricolmi di letizia». I ragazzi, in tacito ascolto, avevano idea di cosa stesse provando ad esprimere l’amica, perché anche loro, all’interno della biblioteca, avevano percepito quell’aria di spiritualità che aleggiava tra gli scaffali del reparto angelico e non solo. Era proprio un mix di pace e mistero che tutti e i cinque ragazzi avevano interiorizzato. 

«Possiamo vedere anche noi questo biglietto?», chiese Henry. Ma anche lui, presolo dalle mani del fratello, si accorse che vi era utilizzata una lingua sconosciuta: «latino!», come rivelò Andrea agli altri, mentre il biglietto passava da una mano all’altra, per poi tornare a Laura che lo riconsegnò a John.

«Forse è meglio che continui a tenerlo tu, d’altronde sei tu che frequenti le superiori e dovresti saperne più di me di lingue antiche. No?».

John la guardò sbalordito, quella era una vera è propria dimostrazione di fiducia. Estasiato prese in consegna il bigliettino e le sussurrò: «Vedrai che non ti deluderò!».

«Ne sono sicura», gli rispose la ragazzina, arrossendo leggermente.

«A domani ragazzi», e immettendosi nel vialetto di casa sua scomparve dietro il suo portoncino.

John rimase ad osservarla con lo sguardo luminoso finché Henry, posandogli la mano sulla spalla, non lo riportò alla realtà.

«Lo so caro fratello che il distacco è doloroso, ma non per questo dobbiamo soffrire tutti. Io sto morendo di freddo e ho anche un certo languore che si fa sentire. Che facciamo, rimaniamo tutta la notte ad ammirare il portone di casa Loreto?».

John si voltò a guardarlo e sorridendo gli rispose: «Meno male che ci sei tu fratellone a riportarmi sulla retta via, senza di te non saprei che fare».

«È per questo che hanno inventato i secondogeniti, per far scendere i primogeniti dagli allori».

 «Smettila!», gli rispose John dandogli una pacca sulla spalla, e stuzzicandosi a vicenda rientrarono a casa.

Cecile Caravaglios

To be continued

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