Osa Parker
“Ma si rende conto?” – Il traffico della galassia intera, dal reticolato ordinario di una filiera di città alle sfere di Keplero, era stato ridotto ad apnea suboceanica, incontrovertibilmente scombussolato, da quattro minime asciutte manovre per incasellare un’automobile nei metri stretti del suo posteggio. Era una donna, che tale, non rispose al senario pascoliano in alcun modo, contenta di aver sottratto alla morte altri venti minuti della sua esistenza a cercare posto. Qualche ora prima l’effervescenza del mattino presto che ben salterellava col suo charme fu temporaneamente dimezzata dallo sguardo di un passante, che fece di tutto per negarle lo sguardo, roteare le spalle e inibire il quand’ella altrui saluta, perché c’erano risposte non sull’ultimo tre-per-due dello store di ortaggi da dare, ma su verità, impegni e responsabilità. Il suo volto aveva conosciuto schiaffi e delusioni, visto il buio e addii. I suoi occhi avevano atteso e pianto. Riso insieme al suo sorriso per gioie ineffabili e gigantesche, vissute sognate, ripescate in mari avidi di un’onda sincera. Il suo volto può vederlo, amarlo, cercarlo e rispettarlo come una millenaria opera del tempo, chi scorge le sue ali aperte spiegate, increspate di vento, affascinanti e spiranti essenze d’oriente. La distanza accennata del suo passo, colmata di drappi sinuosi, sulla bellezza statuaria di ogni sua curva, l’energica posa dei muscoli tesi. Il suo volto può vederlo chi ama la sua libertà. Osa Parker featuring Nike di Samotracia per Mimose 2020.