Come la pioggia – 4
“Tesoro, attenta a non cadere!”
“Papà lo so stai tranquillo, sto solo correndo per far volare più in alto l’aquilone!”
“Fai attenzione comunque, possono esserci dei dossi nascosti.”
“Va bene, va bene, però non ripeterlo ogni cinque minuti!”
Mia moglie si avvicinò a me e prendendomi la mano mi disse: “Dai Thomas lasciala stare, guarda come si diverte. Ogni volta che veniamo in campagna mi sembra una bambina così felice e adorabile; dovremmo prenderci più tempo per noi. Stavo pensando che potremmo regalare a Grace un cucciolo, adesso mi sembra abbastanza grande per potersene occupare. Secondo me scoppierebbe dalla gioia!”
“No Emily, ne abbiamo già parlato. A Londra non abbiamo né lo spazio in casa, né il tempo per portarlo a passeggio. I cuccioli hanno bisogno di sacrifici e attenzioni che al momento non possiamo dargli.” Emily mollò la presa della mia mano e si allontanò di qualche passo, arrabbiata. “Dai amore, perché tutte le volte che ne parliamo poi discutiamo? Quando i tempi saranno migliori lo prenderemo.”
“Thomas sembra che tu non abbia mai voglia di investire nulla sulla nostra famiglia. Sei così concentrato su altro e questo mi fa molto male.”
“Ma cosa dici? Sai quanto amo te e Grace. Solo perché penso che questo non sia il momento più adatto per prendere un cane non significa che io non voglia investire sulla nostra famiglia.”
Mi dava le spalle; si voltò e guardandomi mi disse: “Ho come la sensazione che tu non voglia mai vederci felici per davvero, ma non riesco a capire il perché.”
Quelle parole mi lasciarono senza voce; forse perché erano troppo vere o troppo inaspettate.
“Beh.. io..” – “Papà! Papà vieni a darmi una mano! Il mio aquilone si è impigliato all’albero e non riesco a tirarlo giù.”
Sentendo la voce ovattata di Grace in lontananza continuai a guardare Emily. “Dai papà vieni!”
“Emily io..” – “Vai da lei Thomas, ne riparleremo”; si girò e rientrò in casa chiudendosi alle spalle la porta.
Grace corse verso di me e strattonandomi per un braccio mi disse “Uffa papà ma sei sordo? Dai andiamo prima che i rami dell’albero lo rovinino.” – “Scusa tesoro, papà è diventato un po’ vecchietto e quindi non sente più bene come una volta.” dissi io facendo un smorfia.
“Grace io non riesco ad arrivare perché è troppo in alto, adesso ti metto sulle mie spalle e proviamo a prenderlo insieme d’accordo?”
“Va bene papà!”
Così mise i suoi piedini sulle mie spalle e con uno sforzo riuscimmo a tirarlo giù.
Ci sdraiammo sull’erba a guardare le nuvole, cercando di indovinare che forma avessero. Uscirono fuori animali, razzi spaziali e caramelle gommose e mentre Grace faceva volteggiare la sua fantasia alla stessa velocità del suo aquilone, mi chiedevo che aspetto avessimo invece noi, dall’alto, dalla prospettiva delle nuvole. In quel momento eravamo un puzzle con un pezzo mancante.
Driin Driin Driin.
Mi destai. “Si, pronto?”
“Pronto Thomas sono Sophie. Ti disturbo?”
“No no, ciao Sophie… dimmi tutto.”
“Volevo aggiornarti sulle ultime disposizioni arrivate dal signor McNeville e dirti che ha bisogno che gli consegni quel reportage entro la fine del mese.”
“Ok, grazie Sophie. Tornerò domani, al massimo tra due giorni.”
“Va bene Thomas… ah dimenticavo, è passata dalla redazione una ragazza che ti cercava. Mi ha detto solo di chiamarsi Sarah, non ha voluto lasciare nemmeno il cognome; mi ha chiesto cortesemente di fartelo sapere con una certa urgenza.”
“Sarah? Ma non so chi sia… non ha lasciato detto altro?”
“Detto no, però ha lasciato una fotografia dove ci sei tu, con la data scritta dietro a matita; l’ho messa nel cassetto della tua scrivania. Probabilmente ripasserà un’altra volta.”
“Va bene Sophie, efficiente come sempre.”
“Grazie Thomas, a presto.”
“Ciao Sophie.”
Riattaccammo. Presi una tazza di tè nel patio davanti casa.
Giulia Magnasco
To be continued