Emozioni da poco
Impalcature da atrio per lavori in corso sprovvisti di destino li vedono passare da una casa della buona borghesia a colori caldi, con arredamento pieno accuratamente informale. Padre madre la figlia grande il figlio piccolo. Hanno soldi per tutto, le vacanze, la piscina, le serate, dentro una Palermo bene fatta di centro, interni storici, bar riconoscibili e il suo inconfondibile accento che trascura timbri e vocali.
Spaccati sociali, disagi del vivere quotidiano assenti, sbaragliati dai ricordi franti sovrapposti senza categorie di tempo che fanno scena su un palco unico, l’io autonnarrato di un ingegnere, presumibilmente affezionato alle misure esatte e scettico verso gli slarghi dell’incompiutezza.
E invece sono sfilacciato cardine del suo trend esistenziale, opposto primo al previdibile, guida del resto, scatto insonoro dei ribaltamenti di personaggi, caratteri, fatti. I bambini sono saggi, gli anziani si credono il tempo e lo oltrepassano con manovre ai margini dell’eternità, l’amore non accende, la routine è il fine e la fine di una giornata. Ma lui Paolo, strettamente legato dalla finzione cinematografica e dall’incoerenza al fare adulto a un Pietro dalle chiavi a scatto definitivo, svetta per l’indifferenza al limite. E di un treno vede non il suo viaggio, ma la sbarra che delimita la sua corsa. Al cinema la felicità intravista da Pif, al tempo degli adolescenti.