Il contrappasso

Il contrappasso

L’arrivo della primavera è un momento amaro per gli insonni, come tutti i passaggi di stagione. Le notti si accorciano e, alle tre quando il mondo tace, sei sveglia e lucida, ma pensi alla lunga giornata che ti attende e sai che reggerai per poco, poi gli occhi diverranno pesanti come macigni, l’umore nero e qualsiasi impegno insostenibile e inaffrontabile.

Allora, cerchi di correre ai ripari con tisane, gocce, preparati di ogni tipo e provenienza e così… quando comincia ad albeggiare e il resto del mondo si prepara al risveglio, il tuo corpo trova un po’ di ricercato tepore, le palpebre stanche si chiudono e guadagni qualche minuto di sonno indotto. In quel tempo sospeso tra il sonno e la veglia, si fa strada sovente l’intervallo di un sogno. Negli ultimi tempi i miei sogni ripercorrono l’angoscia delle mie giornate: “Password e username. Hai dimenticato la password? Dove hai messo l’ennesima password maledetta di Noipa, Noipo, Noipi, Istanze on line, scuola, banca, pagella della bimba, codici vari, e chi più ne ha più ne metta!”.

Nel sogno io guardo smarrita la videata assassina che mi chiede insistentemente di rigenerare tutte le password che credevo di possedere, ma che ho inesorabilmente smarrito tra cassetti, agende, elenchi, quadernetti, telefono. Allora io decido di aggredire la difficoltà e seguo attentamente le istruzioni per creare le nuove password con lettere, numero preciso di caratteri, simboli, cifre, codici alfanumerici… ma nulla, la videata dice che la password è errata e io mi ritrovo nel luogo infernale dove vengono cacciate le donne inabilis, che non rispettano le regole morali e materiali della nuova società. La pena alla quale vengo sottoposta è uguale e contraria a quella commessa di fronte il computer, mi ritrovo in un tunnel trasparente, inseguita dai bitcoin, ometti cattivi e aggressivi verde fluo, che mi insultano e mi obbligano a guardare fuori il mondo che procede ordinato e composto con donne e uomini che conoscono sempre tutte le password a memoria e non intralciano l’evoluzione lavorativa del pianeta con le loro ripetute difficoltà esecutive. Nel tunnel trasparente, però, non sono sola, tanti altri inabilis di ogni età subiscono la stessa pena e vengono torturati e beffeggiati dai bitcoin. Qualcuno piange, qualcun altro reagisce, io provo a suggerire che deve esserci un modo alternativo di esistere per gli inabilis! Allora racconto loro che un tempo, il giorno ventisette di ogni mese le insegnanti e tutti i dipendenti della pubblica amministrazione si recavano alla Banca d’Italia con la propria autovettura per ritirare lo stipendio, esibivano il documento d’identità e il cassiere consegnava nelle loro mani il frutto di un mese di lavoro. Le donne lo riponevano nella borsetta di pelle, gli uomini in tasca. Era un rito felice e appagante che restituiva al lavoratore la gioia e il senso della routine lavorativa.

Non esistevano codici, password e homebanking, ma i soldi allora come ora, prima o poi finivano. Tutte le diavolerie informatiche non hanno migliorato qualitativamente la vita degli stipendiati e allora… a che servono? Il mio discorso anima gli/ le inabilis e la folla si agita nervosamente, mentre i bitcoin furiosi ribadiscono con fermezza assoluta che il progresso non deve essere arrestato e che il pensiero degli inabilis vale meno del due di picche, perché una mente che non sa rigenerare una password ogni tre mesi non può pensare di migliorare il mondo.

A quel punto io affronto violentemente un bitcoin e lo scaravento contro la parete del tunnel, mentre mia figlia grida: “Devi andare a scuola? O hai il giorno libero?” Ed io mi desto, stanca, furiosa e… avvilita. Un altro giorno comincia e sarà un giorno di impegni, appuntamenti, fatica e… password!

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Alessia Machì

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