Il violino verde
La vita e le giornate nuove ribattezzare dal nemico virus trovano ritmi
stravolti e riscoprono attività che in passato venivano felicemente
sorpassate da altre, più gradevoli e movimentate. Il tempo trascorre in
casa, i pasti ne risentono positivamente ma lo svago e le uscite in
compagnia sono un ricordo lontano.
Anche armadi e librerie vivono una dimensione nuova, il disordine
consueto è stato rivisitato da mani energiche e volenterose, intente a
scoprire spazi di vita e passato sepolti nella memoria e nel caos
dell’accumulo.
Nell’ansia compulsiva del riordino e nella voglia di rendere gli ambienti
lindi e confortevoli ho deciso di eliminare il superfluo e ritrovare lo spazio intero, godibile e vuoto come nelle esposizioni di Ikea o nelle case
immaginate nelle descrizioni degli architetti illusionisti. Ho fatto
rinfrescare le pareti, eliminare le tende, ho scelto di colorare qualcosa,
ma ho preferito per il resto il bianco assoluto e luminoso.
Nell’entusiasmo e nella foga della nuova immagine, del cambiamento,
della razionalizzazione dei contenuti e dei contenitori, ho dovuto tuttavia
fare i conti con Lui, con il bagaglio più ingombrante e pieno che occupa le
nostre case, le case vere che conservano vita, anni, carte e immagini,
oggetti e colori, strumenti e passioni.
Ho dovuto fare i conti col Passato, con ciò che abbiamo raccolto e
conservato in tutti questi anni, con ciò che abbiamo scritto, utilizzato,
conservato, tutto ciò che non contemplano le esposizioni di Ikea o le
realizzazioni nude e fantasiose di architetti contemporanei.
Sono venuti alla luce i momenti di bellezza e bruttezza di venti anni di
casa, i momenti di normalità, gli oggetti prima belli poi brutti, i giocattoli,
il violino di plastica che suona da solo, le bambole di pezza, la gonna di
molte taglie in là, i festoni di una cena improvvisata, i gioielli finti con cui
mia figlia diventava venditrice e io cliente, i quaderni con temi
strappalacrime dedicati al supermega papà, le mie foto di classe con gli
alunni della scuola media che adesso chissà dove veleggiano… e poi i libri,
ognuno ritaglia un angolo di esistenza.
Alcuni hanno lasciato ricordi appena velati, altri sensazioni piacevoli, di
altri ricordo chi me lo ha regalato e in quale circostanza, in altri rileggo
dediche bellissime e preziose, di altri sento ancora lo struggimento e il
solco che allora hanno scavato. Mi hanno invitato a viaggiare in luoghi e
mondi sconosciuti e lontani, hanno riempito il mio mondo di storie
intarsiate sulle parole, hanno abitato il mio immaginario e aggiunto
sfumature alle mie idee.
Cosa fare al cospetto di tanto materiale? Potevo cancellare tutto e
riscrivere una storia nuova e asettica, intraprendere un viaggio senza
valigie, dimenticare la folla vociante di oggetti e presenze che hanno
realizzato il nostro mosaico, magari mediocre, ma comunque lungo e
impegnativo?
No, ho scelto di far sopravvivere quasi tutto, ho creato una succursale di
casa, ho riaperto la mia stanza di ragazzina e l’ho popolata di bambole,
libri, quaderni, oggetti, strumenti musicali, quadri e foto…. così ho la calda
certezza di ritrovare sempre e comunque la nostra storia, sfogliare un
quaderno, rivedere gli oggetti e i disegni con la casetta e l’albero e
riascoltare sempre il violino di plastica verde che suona una ninna nanna.