Muriel – 22 Ricerche e delusioni

Muriel – 22 Ricerche e delusioni
 

Il sabato e la domenica erano trascorsi troppo velocemente e, quando suonò la sveglia del lunedì, Laura si alzò ben consapevole che quello sarebbe stato un inizio settimana molto fuori dall’ordinario. Cercò di sbrigarsi il prima possibile, rendendo particolarmente felice il padre che, per una volta, poteva sperare di giungere presto al lavoro. Arrivata a scuola, si guardò intorno per avvistare la presenza dei suoi amici, ma questi, notandola per primi, le corsero immediatamente incontro.

«Ciao Laura, hai novità?», esordì John un po’ teso.

Laura, con fare rasserenante, espose il piano stabilito con Carletto e Andrea. John ed Henry rimasero un po’ dubbiosi, soprattutto per l’idea del suo spostamento extracorporale. Inoltre a John questa storia non andava giù, poiché il ragazzo non riusciva a sostenere la visione del corpo inerte, quasi senza vita di Laura, che invece, noncurante delle preoccupazioni dell’amico disse: «Scusa se te lo chiedo John, ma penso ci servirà la piantina, me la potresti prestare?».

«Certo, tanto io ne ho un’altra copia».

«Perché, quali sono i tuoi piani stamattina?», proseguì Laura prendendo fra le mani il foglio.

«Vorrei verificare se sono stati ispezionati tutti i camerini, tanto per non avere dubbi», rispose John, un po’ sul vago, ma l’amica era troppo presa dai propri pensieri per accorgersi del suo stato d’animo.

«In bocca al lupo allora! Guarda, sono arrivati Carletto e Andrea ».

«Ciao ragazzi», disse Carletto arrivando di corsa insieme alla sorella.

«Ciao a tutti», si aggiunse Andrea.

«Bene, che novità ci portate?», disse Laura, oramai totalmente compenetrata nel progetto.

«È tutto predisposto, come abbiamo programmato venerdì scorso», rispose Andrea entusiasta.

«Ottimo, in più volevo che portaste dietro la mappa della scuola, guardate!», aggiunse Laura distendendo il foglio ripiegato. Andrea e Carletto rimasero senza parole, vi erano luoghi specificati a loro sconosciuti. Era perfetta per trovare un ago in un pagliaio.

«Andrea guarda qui, questa non l’avevo mai vista, non ci dimentichiamo di controllare», propose Carletto, indicando una stanzetta minuscola nascosta nel sottoscala.

«Certo fratellino, ma anche qui dobbiamo fare una visitina, guarda», suggerì Andrea, mostrando uno sgabuzzino posto sul tetto del bagno del secondo piano.

«È un soppalco, ma io non l’ho mai notato.  Penso che cercare lì sarà compito mio», si fece avanti Carletto lisciandosi il mento.

«Oppure mio! Siccome devo operare spiritualmente, anch’io posso entrare nel bagno maschile», intervenne Laura.

 Carletto, a queste parole, rimase contrariato, ma si rese conto che Laura aveva ragione.

«Terrò in considerazione la tua proposta, questa la prendiamo noi per ora: mi raccomando, teniamoci in contatto», ricordò Carletto, ripiegando il prezioso foglio.

«Va bene!», gridò Laura sotto gli occhi stupefatti di John e Henry, «Che avete da fissarmi così?».

«Niente, vedo che avete confermato il vostro piano in toto. Bene Henry, andiamo, per noi si è fatto tardi. Buona giornata!», e trascinandosi il fratello per il braccio, John si diresse a grandi falcate verso l’ingresso della scuola, lasciando Laura a bocca aperta.

«Non pensavo fossi così permaloso», ribatté inseguendolo con la voce, ma il ragazzo tirava dritto, senza neanche girarsi; solo Henry tentava di fare un segno all’amica, beccandosi uno scappellotto sulla spalla che lo fece oscillare.

Laura, rimasta sola, raccolse lo zaino che aveva poggiato a terra e, dispiaciuta per l’atteggiamento dell’amico, si diresse dietro la folla degli studenti, verso l’entrata del suo padiglione.

Le ore, nonostante l’ansia che le attanagliava il cuore, trascorsero veloci e ben presto suonò la campana dell’intervallo. Laura prese la sua mela e addentandola si diresse verso il corridoio, per tentare di distrarsi, ma dopo pochi passi fu raggiunta dalla voce di Henry che la chiamava alle spalle. Laura trasalì, non aspettandosi la visita dell’amico: «Ciao Henry, che bello vedere che mi parli, tuo fratello è uno stupido», disse dando con rabbia un altro morso alla mela.

«Sì, è stato un po’ troppo impulsivo, ma lo devi capire, lui è molto preoccupato per te, ha il terrore che non torni più da questi tuoi viaggi extracorporali e, quindi, si vuole dissociare da certe tue iniziative strane».

«Capisco che si preoccupi, ma io sto cercando di mettere a disposizione di tutti, come aveva detto l’arcangelo, i miei doni. E poi non è pericoloso, anzi è meraviglioso navigare senza corpo. Secondo me è solo invidioso, perché lui non può farlo», concluse Laura.

«Io penso sia solo preoccupato per te, perché ti vuole bene», affermò Henry sottovoce, ma anche quel fil di voce fu percepito da Laura e conservato nel suo cuore.

«A proposito, che doveva fare John con la cartina?», domandò perplessa Laura, tornandole in mente le parole dell’amico.

«Voleva localizzare tutti i punti morti della scuola per farci una capatina, è convinto che il quadro sia nascosto in qualche posto dove nessuno va mai. Ecco la campanella, devo tornare in classe, state attenti, mi raccomando».

«Non preoccuparti Henry, avremo occhi ovunque», rispose Laura poggiandosi la mano sul cuore.

Il resto della mattinata volò, tra le lezioni di geometria e le odiose esercitazioni di musica con il flauto. Laura detestava quello strumento, poiché non riusciva a emettere nessun suono e per quanto si impegnasse, l’unico effetto acustico che riusciva a produrre era quello del suo fiato che moriva all’interno del beccuccio. Per sua fortuna, anche quell’ora finì. Tornò a casa più angosciata che mai, aspettava con impazienza la chiamata di Jasmine e mille paure le affollavano la mente, tra cui quella di non poter raggiungere i suoi amici a scuola per qualcosa andata storta. Apparecchiò la tavola come un robot, non accorgendosi che suo padre la osservava da un pezzo.

«Laura ci sei?», sbottò infine il papà, perché non aveva spiccicato parola da quando era entrata in macchina fino a casa, tranne che uno strascicato ciao di saluto.

«Che … cosa, scusa?», rispose Laura, come se si fosse svegliata in quell’istante.

«Ho solo chiesto se sei qui con me o altrove: non parli da quando ci siamo visti. È successo qualcosa a scuola?», ripeté il padre distaccandosi dai fornelli, con la pentola della pasta appena cotta fra le mani. Si avvicinò al lavello, scolò la pasta, la rimise nella pentola e la condì.

«No papà, non è successo niente e che ho un forte mal di testa, infatti, non vedo l’ora di pranzare e andare a riposare», si scusò Laura, prendendo i piatti che il papà le porgeva.

Il padre la guardò di nuovo e accomodandosi a tavola aggiunse: «Se è così, pranza e vai subito in camera tua, i compiti li farai più tardi. Se c’è qualcos’altro, invece, io sono qui anche per ascoltarti, questo ricordatelo sempre».

 Laura imbarazzata da quelle parole, così piene di affetto, continuava a recitare la scena, guardando di sottecchi il genitore che ora si stava gustando le pennette al pesto.

«Non ti preoccupare, lo terrò sempre presente, ma per ora l’unica cosa che vorrei fare è andare a dormire».

«Bene bimba mia, vai pure».

«Grazie papà».

Non appena in camera sua, Laura sentì sussurrare alle sue orecchie: «Preparati, perché Carletto e Andrea fra poco inizieranno la loro perlustrazione nel seminterrato».

Anche se riconobbe la voce di Jasmine, Laura sobbalzò, e dopo averlo ringraziato per il messaggio, chiamò il suo angelo, per farsi aiutare a “sganciarsi” dal corpo. Apparso immediatamente dal nulla,  Violet si mise subito al lavoro accostandosi alla ragazzina. « Bene sdraiati sul tuo letto, così, anche se tuo padre viene a cercarti sembrerà che dormi come un angelo», suggerì Violet ridacchiando. Eseguite alla lettera le istruzioni, Laura si sorprese a guardare se stessa, sdraiata sul letto come se dormisse. Certo quella era una situazione cui era difficile adattarsi, ma distolto lo sguardo dalla propria persona, s’immaginò la scuola e si ritrovò nel suo padiglione, con accanto sempre Violet.

«Uffa ho sbagliato, devo concentrarmi sul padiglione della scuola primaria, aspetta che riprovo». Centrò la destinazione al secondo tentativo, piombando, leggera come una foglia, fra bambini urlanti che le passavano attraverso, senza alcun rispetto.

«Vieni Laura, segui me, dobbiamo scendere giù, i ragazzi sono già al piano di sotto», le propose Violet, visto il suo stato di disorientamento. Laura si mise ai calcagni dell’angelo e tutt’e due s’infilarono nelle scale che portavano al sotterraneo. Non appena iniziarono a inoltrarsi nel buio del sottoscala, Laura fu immediatamente invasa da oscure sensazioni e, in fondo al corridoio, intravide le orripilanti figure, già notate sul bus dell’incidente.

«Violet guarda, le vedi anche tu?».

«Sì, ma non temere, si dileguano una volta davanti a noi».

«Guarda là c’è una porta aperta, vediamo se sono lì dentro», propose Laura avvicinandosi, ma le sensazioni negative fecero da preludio ad una di quelle ombre inquietanti e tenebrose posizionata di fronte al suo sguardo.

«Perché sta sempre vicino a quella porta?», pensò Laura a voce alta, mentre tremava per le forti sensazioni negative percepite. Lottò con tutta se stessa per allontanarle concentrandosi nella ricerca degli amici. Fu questione di poco e scorse dietro alcuni enormi sacchi, Carletto e Andrea che rovistavano alla rinfusa.

«Ciao spiritello, qui dentro non c’è niente: è da un po’ che cerchiamo, ma niente», furono le parole di Andrea, felice di vedere l’amica.

«Proviamo in quell’altro magazzino.», propose Carletto, cercando di ripulirsi dalla polvere.

«Ok, vai avanti tu che sei l’uomo», lo incoraggiò ironica la sorellina.

«Brava, scherza pure», rispose il bambino; poi volgendosi a guardare Laura, si accorse che era ferma a fissare una porta con un’espressione alquanto corrucciata.

«Che hai Laura, che ti succede?», la bimba non si voltò neanche a guardarlo, ma mormorò: «Forse so dove si trova il quadro».

«Che dici, Laura e dove?».

«Lì dentro», e puntando l’indice indicò una porta chiusa, guardata a vista dalla figura orribile. Le incuteva terrore, ma per gli altri bambini, che non potevano vederla, era inesistente. Carletto quindi si mosse per aprirla, trovandola, però, serrata da un chiavistello, un buon motivo per far gridare a Laura, ancora soggiogata da quella visione: «Fermati, lasciamo agire gli angeli».

«Perché?».

«Perché è meglio così», sospirò una voce profonda e pacata che attirò l’attenzione di tutti i ragazzi, che capirono subito chi fosse, poiché una luce abbagliante s’imponeva alle loro spalle.

«Sempre puntuale», proruppe Laura, girandosi ancora scossa dal timore.

«Salve a tutti», fece il suo inchino Raffaele.

I bambini si girarono verso di lui per ricambiare il saluto, riparandosi gli occhi con l’avambraccio per la luce, alla quale cominciavano comunque a fare l’abitudine.

«Salve arcangelo Raffaele, siamo contenti che tu sia qui; abbiamo un piccolo problema», mormorò Carletto indicando il catenaccio che bloccava la porta.

«Forse più di uno», precisò l’arcangelo, dando un’occhiata a Laura che era ancora sconvolta.

«Che vuoi dire?», chiese Andrea, spostando lo sguardo da Laura all’arcangelo.

«Solo che c’è qualcosa di più del semplice lucchetto», chiarì Raffaele dolcemente.

«Davvero? Se ti sembra così semplice, allora perché non apri tu quella porta?», lo provocò Andrea indispettita.

«Eccoti servita signorina!», intervenne l’arcangelo facendo un cenno verso il chiavistello e, sotto lo stupore di tutti, il catenaccio si aprì con un secco scatto metallico. Tutti rimasero immobili, un silenzio assordante li avvolse. Soltanto Laura indietreggiò di alcuni passi, di fronte lo scorgere di altre due figure terrificanti. Accortosi del turbamento della ragazzina, l’Arcangelo avanzò  sicuro dissolvendo, le oscure figure, come ghiaccio al sole, fino al loro scomparire. Testimone di questo spettacolo, Laura non lo avrebbe mai più dimenticato poiché le richiamò alla mente un passo della Bibbia proclamante  il grande potere della Luce Divina che annienta le tenebre con il solo apparire: la luce stendendosi sulle tenebre le annienta. Da questo contesto profetico, in cui la luce un giorno trionferà sulle tenebre, Carletto e Andrea ne rimasero estranei, continuavano ad osservare e ad ascoltare senza capire di che cosa stessero parlando e neanche cosa stessero facendo. Vedevano solo le espressioni di Laura e i suoi brividi che sembravano riflettere un malessere e uno stupore incontrollato. L’arcangelo Raffaele e gli angioletti entravano e uscivano dallo sgabuzzino; quindi tolto definitivamente il catenaccio e spalancata la porta invito i ragazzini ad entrare «Via libera, abbiamo fatto piazza pulita; Laura aveva ragione, abbiamo visto qualcosa d’interessante». La bambina fu talmente galvanizzata dalla gioia, da dimenticare tutte le sue paure e trapassare amici e angeli senza nessuna cura, pur di andare a vedere subito con i suoi occhi.

«Stai attenta a dove cammini, sei caldissima», le urlò Andrea, mentre Laura le passava attraverso.

«Scusami Andrea», ma intanto trapassò Carletto, provocando la stessa reazione.

«Scusate, ma poi quanto ve la prendete per un po’ di calore», commentava Laura risentita.

«Sì certo, vorrei … », ma Carletto s’interruppe alla vista di un dipinto adagiato fra due scatoloni. «Ehi! Guardate qua!», esclamava, cercando di farsi spazio.

«Aspetta, faccio io», si lanciò Laura, trapassando gli scatoli che cominciarono a fumare per il calore emanato e, sotto gli occhi sbalorditi degli amici, raggiunse il dipinto. Per non farlo ricadere sugli scatoloni, lo spostò verso l’alto e lo passò all’arcangelo che, alto com’era, non fece nessuno sforzo ad afferrarlo e poi poggiarlo a terra. Era tutto impolverato e i ragazzini non persero tempo a fare domande e supposizioni, provando a gestire con tutto il loro coraggio la sorpresa della scoperta. Cominciò Carletto. «Ma non avevate detto che era formato da quattro tele? E inoltre che cosa rappresenta?».

«Secondo me la cacciata dell’uomo dal giardino dell’Eden, guardate», disse Andrea, avvicinandosi al quadro e indicando due figure curve su se stesse e un serpente strisciare accanto a loro. «Sembrerebbero proprio Adamo ed Eva, dopo la tentazione del nemico. E questo squarcio nel cielo è l’ammonimento dell’Altissimo nei loro confronti, che ne pensate?».

 «Tu sei una bambina molto intelligente», disse amorevolmente Roselin.

«Grazie angioletto», rispose compiaciuta Andrea.

«Sì si hai proprio ragione, è la cacciata del giardino dell’Eden», approvò Carletto con gli occhi sulla tela.

«Ma dove sono le restanti tre tele di cui parlava l’arcangelo Uriel, sembra siano state smontate», osservò Laura indicando i perni che fuoriuscivano da entrambi le parti della tela.

«E ora che facciamo?», s’interrogò Andrea un po’ spiazzata, visto che avevano fatto tanto per ritrovare il quadro e ora erano di fronte ad un solo quarto. I ragazzi si soffermarono a guardarlo, immersi in un silenzio di grande delusione.

Distolto lo sguardo dalla “tentazione umana”, Laura interpellò gli angeli, un po’ scoraggiata: «Allora, ci spiegate che cos’è successo, perché è stato diviso? Cosa ne hanno fatto delle altre tele? E soprattutto ora che dobbiamo fare?».

«Intanto riporre la tela in un posto sicuro, dopo di che andare a trovare le altre tele per poterlo riunificare e portare avanti il nostro piano», consigliò l’arcangelo con naturalezza.

«Io penso che dovremmo lasciarlo qui sotto, di nuovo nascosto sotto gli scatoloni e poi richiudiamo la porta, giusto il tempo di cercare le altre parti», propose Roselin, sistemandosi i riccioli dietro le orecchie.

«E se la signora Germana viene qui e lo trova?», ipotizzò Carletto preoccupato.

«Il problema non si pone, poiché il quadro rimarrebbe nella scuola. Credo che il preside non abbia interesse a portarlo fuori dalle mura di questo istituto», dedusse Laura, sfiorandosi il mento.

«Allora sbrighiamoci, nascondiamolo di nuovo, aiutatemi a rimetterlo dietro gli scatoloni», concluse Andrea, cercando di trascinare il dipinto.

«Ma perché lo dobbiamo nascondere? Se il nostro interesse è identico a quello del preside, penso che ritrovandolo ci faciliterà il compito, giusto?», obiettò Laura.

«Dovrebbe … », ripeté Andrea.

Dopo un attimo di riflessione decisero di lasciare il quadro in bella mostra. Mentre si giravano per dare l’ultima occhiata alla tela, dalle scale si udì un rumore.

«Chi è che è lì giù?», gridava la voce roca del bidello.

«E ora che facciamo?!», chiese Andrea prendendo per mano Carletto.

«Andate voi. Raccontate che vi è caduta qualcosa giù per le scale e soprattutto non vi fate scappare niente, è tutto top secret, noi penseremo a chiudere la porta», consigliò Laura.

«Ok», balbettò Andrea. «Ehi! Chi va là», insisteva il bidello che oramai era nel corridoio di fronte ai bambini.

«Siamo noi», rispose timidamente Carletto.

Il bidello ammiccò gli occhi e mise a fuoco le due figure nella penombra del seminterrato, oramai al buio, da quando gli angeli si erano dileguati.

«Ma … ma che ci fate voi due qua?», domandò il bidello, avvicinandosi ancora di più ai ragazzini.

«Giocavamo con una biglia che ci è caduta dalle scale e siamo scesi fin qua giù a cercarla», rispose Andrea, provando ad impietosire il bidello.

«Sì, ma poi una volta qui giù ci siamo persi, la luce era fioca e meno male che è arrivato lei: grazie!», proseguì Carletto, abbracciandosi al bidello e schiacciando l’occhio ad Andrea.

«Oh! Di niente bimbi miei, dovete scusarmi, ma mi era sembrato che quaggiù ci fosse stata la luce accesa. Ma, aspettate un attimo, com’è che eravate al buio, se la luce era accesa?», chiese il bidello fermandosi di colpo e guardando di sbieco i due bambini che a loro volta si scambiavano gli sguardi, ben consapevoli di quale luce si trattasse.

«Guardi che non ci sono luci in questo sottoscala», osservarono con simulata ingenuità i ragazzini e, dicendo questo, corsero verso le scale per evitare altre  domande. Ma erano tutti quasi certi che il signor Alfredo, senza saperlo, avesse percepito la luce degli  angeli. 

Cecile Caravaglios

To be continued

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