In un tempo che non c’è più – Secondo tempo

In un tempo che non c’è più – Secondo tempo

Nereo, a quel punto, lasciò cadere il tridente per terra, sbatté la corona sul tavolo, che per il violento urto risuonò cupamente, e prendendo la testa fra le mani, cominciò a singhiozzare. La regina Doride si avvicinò, lo abbracciò e stringendolo a sé disse: “Sii forte, ti prego! Se ti lasci dominare dallo sgomento, non potrai essere di aiuto alle nostre figlie e lascerai me nel più totale sconforto. Ti ricordo – aggiunse con forza – che tu sei il re Il tuo potere si estende su tutte le acque che circondano questa terra e sui loro abitanti, governi gli spiriti dei venti e i moti delle tempeste, i marinai che solcano con le loro navi queste acque si rivolgono a te, chiedendo la tua benevolenza, e a te sono dedicati santuari e templi su questa isola e sulle altre vicine. Perché, dunque, ti abbatti? Coraggio! Riprendi il tridente, indossa l’elmo, la corazza e il mantello rosso del potere, doni di tuo padre Poseidone e recati alla scogliera dei Ciclopi; da lì potrai guidare i tuoi eserciti e dirigere tutte le operazioni di ricerca e, in caso, di guerra”. E terminò il suo discorso, stampandogli un sonoro bacio sulla fronte. Re Nereo, incoraggiato da quelle parole disse: “Hai ragione, mia adorata regina! Per un momento mi sono lasciato sopraffare dall’angoscia. Il pensiero che le nostre figlie possano essere prigioniere di un nemico ancora sconosciuto o peggio ancora violate da esseri brutali, mi fa raggelare il sangue nelle vene e mi toglie ogni energia. Ma ti ripeto, è stato un momento e adesso sono pronto a fare il mio dovere di padre e di re”.   Subito ordinò al capitano del suo esercito, un tonno dalla struttura gigantesca la cui armatura fatta dagli aculei dei ricci marini metteva paura soltanto a guardarla, di portargli elmo, mantello e corazza. Una volta indossati, afferrò con forza il tridente, e postosi a capo del suo agguerrito drappello di tonni si diresse verso la scogliera dei Ciclopi.

In tempi remoti, i Ciclopi, di quel piccolo lembo di terra, ne avevano fatto, per l’incanto del paesaggio, il luogo ideale dove condurre le ninfe rapite e giacere con loro; poi lo abbandonarono per un luogo più riparato e nascosto. Il re dispose, dunque, la sua postazione sullo scoglio più alto, da dove iniziò a organizzare e dirigere le varie azioni belliche: diede ordine agli spiriti dei venti leggeri di sbuffare lungo le coste e a quelli dei venti impetuosi di spingersi a largo, di modo che con i loro soffi potessero spazzare le nubi del cielo e rendere tutto più terso e luminoso; comandò al tonno, capitano del suo drappello, di richiamare i granchi ancora in attività, i veterani e le giovani reclute affinché  potessero  ispezionare le coste sabbiose e addentrarsi nelle grotte; chiamò a raccolta tutti gli organismi acquatici, animali e vegetali,  per formare una scia luminosa tutt’intorno all’isola in maniera da rendere visibile qualunque angolo qualora i rapitori, se per caso fossero stati ancora sull’isola, volessero fuggire; e infine intimò alle correnti di deviare il loro corso per lasciare libero il fondo marino da detriti e rifiuti. “Voi tutti, contemporaneamente agli squali comandanti,  a rapporto da me – aggiunse alla fine – prima che il sole inizi il suo viaggio di ritorno”. E subito fu tutto un fermento: dal turbinio dei venti al brulicare dei granchi, dal plancton luminescente ai movimenti delle onde: ognuno ubbidiva agli ordini ricevuti sotto l’attento sguardo dell’agguerrito drappello di tonni. Il re, dal canto suo, una volta organizzate le varie operazioni, pensò di schiacciare un pisolino – di certo quella notte non aveva dormito! – e in quel leggero dormiveglia gli si fecero avanti le immagini delle sue trenta figlie, conosciute da tutti come le Nereidi.  Belle, leggiadre, ancora fanciulle con le chiome fluenti ornate di perle, vestite di alghe coi colori mutevoli del mare.  Le vedeva vagare sulle onde e nel mare profondo, sul dorso dei delfini o abbracciate al collo degli ippocampi. Si svegliò di soprassalto. “Volesse il cielo che ciò che ho visto fosse vero! – disse ad alta voce – Ma il mio cuore mi dice che è stato solo un sogno e che, ahimè, la realtà non è questa. Il sole sta per tramontare e non ho ancora alcuna notizia. Vedo all’orizzonte avvicinarsi i miei squali e dal loro lento movimento, comprendo che non ci sono piacevoli novità. Andrò loro incontro”. Ordinò, dunque, al capitano tonno di condurlo sul dorso in alto mare così da raggiungere gli squali. “Maestà, siamo addolorati – dissero all’unisono i due squali tigre – ma delle principesse, purtroppo, nessuna traccia. Abbiamo percorso i mari in tutte le direzioni, ci siamo spinti fino al posto dove inizia l’oceano di ghiaccio che, come Vostra Maestà sa bene, non abbiamo il permesso di attraversare. Siamo qui e aspettiamo nuovi ordini”. In quel preciso momento, mentre il carro del sole stava per iniziare il suo viaggio di ritorno, tutti gli spiriti dei venti, l’infinito numero dei crostacei, la moltitudine dei pesci presenti nelle acque circostanti si presentarono davanti al re per riferire l’esito delle loro ricerche; anche queste, purtroppo, vane: nessuna parte esplorata, infatti, aveva dato traccia della presenza delle trenta principesse. Un enorme sconforto strinse il cuore di Nereo che ordinò di abbandonare la scogliera dei Ciclopi e di ritornare alla reggia. Improvvisamente però, mentre ognuno stava per abbandonare la propria postazione, un vortice di acqua e di aria si formò all’orizzonte. Tutti, anche il re, si fermarono per vedere cosa stava per accadere. In un tempo brevissimo, avvicinandosi alla costa, il turbine iniziò a perdere forza, lasciando intravedere le sagome dei tritoni che, usando la coda come un timone, si diressero verso la scogliera, fermandosi dinanzi al re. Tenendo fuori dall’acqua la metà umana, Tritonio, re di quel popolo, disse: “Maestà, abbiamo saputo del rapimento delle vostre figlie. Io e, altri ventinove valorosi tritoni, abbiamo deciso di metterci al vostro servizio nella ricerca delle principesse. Ma a un patto: noi ci impegniamo a ritrovarle e, una volta trovatele, le vogliamo come spose. Accettate la nostra proposta e, in men che non si dica, cominceremo a cercarle”. A quelle parole il re rimase allo stesso tempo stupito e rincuorato; e poiché fino ad allora qualunque ricerca era risultata vana, pensò di accogliere la proposta, anche se con una certa preoccupazione dal momento che i tritoni erano noti per la loro rozzezza e ambiguità. Un pensiero, però, gli attraversò la mente, ‘e se quei metà uomini e metà pesci davvero trovano le principesse, devo poi mantenere il patto? E lasciare che portino le mie amatissime figlie ai confini delle acque ancora inesplorate? No, non lo permetterò, ma intanto sono la mia unica speranza. Accetterò il loro aiuto, ma non rispetterò il loro patto.’ Rimase silenzioso per qualche attimo e poi: “Per prima cosa vi ringrazio – disse – per il vostro generoso gesto: venire qui da molto lontano per portare il vostro aiuto, non è cosa da poco. Siccome le nostre ricerche fino adesso sono rimaste vane, ben volentieri apprezzo la vostra collaborazione”. Poi, battendo con forza sulla roccia il tridente, aggiunse: “: Oramai il sole sta per tramontare, ma se riporterete alla reggia le principesse sane e salve prima che l’astro di Venere s’innalzi all’orizzonte, terrò fede al patto. Questa è la mia risposta”. Tritonio si voltò indietro per guardare i compagni. Bastò uno sguardo tra loro e poi disse: “Bene. Siamo pronti a partire. Saremo di ritorno prima dell’alba”. E subito il vortice di acqua e aria sparì all’orizzonte

Licia Adalgisa Callari

To be continued

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