Muriel – 5 Gli occhi dal suo volto
Quella mattina Laura si svegliò pervasa da una gioia inconsueta. Scese le scale, entrò in cucina, e si sedette a fare colazione accanto al padre.
«Buongiorno amore!».
«Buongiorno papà!», rispose Laura versandosi il latte in una tazza, senza dire altro.
«Come mai è così silenziosa la mia piccola principessa», chiese il signor Loreto, addentando una fetta di pancarré ricolma di marmellata.
«Sto cercando di ricordare cosa ho sognato stanotte».
Il padre le diede un’occhiata perplessa e le rispose dolcemente: «Certo, fai pure!». Finì di bere il suo caffè e si allontanò per dirigersi al piano di sopra. Laura, era tentata di raccontare tutti gli avvenimenti al padre, ma non ne ebbe il coraggio, per timore di non essere creduta e di restarci male. Decise quindi di tenersi tutto per sé.
Finita la colazione, tornò al piano di sopra accelerando il ritmo e si fiondò in bagno per prepararsi. Aprì il rubinetto e presi spazzolino e dentifricio iniziò a darsi da fare quasi meccanicamente, perdendosi nei suoi pensieri.
«E se fosse stato solo stato solo un sogno? … Se avessi sognato questo incontro? … Certo, che delusione! … Però, anche se è stato un sogno, è stato speciale», andava congetturando Laura, giocando con l’acqua da una guancia all’altra. «Ma perché non si fa vedere?».
«Perché mi devi chiamare!», sussurrò Violet, facendo trasalire Laura, che spruzzò l’acqua su tutto lo specchio.
Frastornata la ragazzina, si girò per capire cosa alle sue spalle si stesse riflettendo sullo specchio. Vide come una nuvola alla sua altezza, una macchia galleggiante di vapore, che lentamente si contornava in una sagoma luminosa, adesso riconoscibile e sorridente: «Tranquilla bimba mia, sono io, Violet! Quello che hai vissuto ieri sera non te lo sei inventato, è tutto reale. Ma ora sbrigati, tuo padre ti sta chiamando, non farlo aspettare». E l’angelo, dopo l’improvvisa rivelazione, si dissolse davanti ai suoi occhi, lasciandola ulteriormente stupita. La voce del padre le fece scrollare la testa fra le mani aperte poco distanti dalle tempie e poi la spinse in camera sua a prepararsi. Pronta in cinque minuti, raggiunse il papà in attesa davanti alla porta.
«Eccomi!», esclamò e, uscendo fuori da casa, si ritrovò immersa nell’aria fresca e profumata del mattino.
Durante il tragitto in auto Laura non disse una parola, avendo in mente solo la visione di Violet a casa sua; non riusciva a spiegarsi le cose e nonostante il padre continuasse a parlarle e a provasse a coinvolgerla, lei reagiva semplicemente annuendo di tanto in tanto. Una volta arrivati davanti al cancello di scuola, la ragazzina smise di essere assorta: guardò il padre negli occhi e gli chiese il permesso di andare a giocare di pomeriggio con Henry e John in giardino, visto che l’indomani, sabato, non ci sarebbe stata scuola.
«In effetti, oggi finirò di lavorare più tardi e quindi poco fa ho chiesto al signor Scott di portarti a casa sua insieme ai ragazzi; non ha avuto il tempo di dirtelo prima, spero non ti dispiaccia. Quindi dal pranzo in poi starai tutto il giorno con Henry e John … », rispose il signor Loreto.
«Va benissimo, papà, grazie!»,esultò felice Laura e, salutando il padre con un bacio, scese dalla macchina festante: con passo veloce raggiunse gli amici, che la aspettavano, come sempre, all’interno della grande cancellata che limitava il rigoglioso parco dell’istituto.
Il pomeriggio si presentò splendido. Il sole infuocava ancora il cielo e i suoi raggi giocavano con i rami degli alberi, insinuandosi tra i cespugli e le aiuole ricche di profumi … vari.
Dopo aver pranzato, i ragazzi uscirono in giardino per trastullarsi sotto il sole.
«Henry, John oggi è accaduto qualcosa di straordinario!», raccontò all’improvviso Laura, attirando su di sé gli sguardi dei suoi amici.
«Mi stavo lavando i denti, ripensando a ciò che era successo ieri, e proprio mentre riflettevo se fosse tutto vero o era stato solo un sogno … qualcosa mi ha sussurrato all’orecchio. Mi sono girata e ho rivisto l’angelo!».
«Ehm! Qualcuno bimba mia, non qualcosa, qualcuno», suggerì Violet.
Laura si ammutolì. Anche John e Henry rimasero raggelati nell’udire quella voce uscire dal nulla: intimoriti si guardarono attorno, ma non videro niente e nessuno.
«Avete sentito anche voi?», chiese Henry.
«Certo che abbiamo sentito, non siamo sordi», rispose John urtato e, giratosi a cercare il consenso di Laura, si accorse che lei stava colloquiando con quella voce invisibile. «Scusami, volevo dire qualcuno», rispose Laura automaticamente e contemporaneamente attirata dalle urla di Carletto e Andrea che arrivavano di gran corsa.
«Henry, John, Laura, dobbiamo parlarvi!», strillavano Andrea e Carletto. «Ma che vi è successo? Avete delle facce! Non ditemi che li avete incontrati anche voi! Questa sì che è una notizia meravigliosa!», esclamò Carletto entusiasta. «Scusate, ma Andrea sosteneva che noi due avessimo le allucinazioni per effetto di una cena indigesta, … e invece anche voi! », e iniziò a saltellare attorno agli amici che lo guardavano ammutoliti. Andrea, incuriosita, si sedette accanto a Laura e le chiese: «Allora? Li avete incontrati davvero?».
«Sì», rispose Laura
«Ma quando, stanotte?».
«No, poco fa», rispose John.
«Quindi non abbiamo mangiato niente di avariato!», disse Andrea, sdraiandosi sull’erba con l’aria assente. «Certo che l’esperienza di stanotte è stata stupefacente!».
«Che è successo?», chiese Henry.
«Niente, solo che Carletto ed io abbiamo trascorso la notte a chiacchierare con Jasmine e Roselin».
«Con chi?», domandò John a Henry, guardando i ragazzini stupiti.
«Con i nostri angeli custodi!», rispose Carletto, pavoneggiandosi.
«Già, proprio così, con i nostri angeli! O per meglio definire con quegli esseri che si presentano come i nostri angeli custodi!».
«Ci hanno spiegato anche che dobbiamo essere noi a invocarli, per rispetto del libero arbitrio», rispose Carletto.
«Di che?», esclamò Henry. «Non vi sembra che il piccolino stia diventando troppo colto?».
«Non prendermi in giro Henry, il libero arbitrio non è altro che la nostra volontà libera da ogni imposizione, almeno così mi hanno spiegato», chiarì Carletto, cercando di esprimersi nella migliore maniera possibile.
«Ok Carletto, dai, chiamiamoli, così vediamo se non ti hanno preso in giro … angioletti? Dove siete? Perché non venite?», canterellò ironicamente il ragazzo.
Dal nulla, cinque sagome lucenti apparvero abbagliando i ragazzi i quali, non ancora abituati alla loro luminosità, si coprirono per qualche secondo gli occhi con le mani.
«Salve a tutti!», salutarono gli angeli.
«Bravo! Carletto ha capito perfettamente il concetto di libero arbitrio!», aggiunse Jasmine, soddisfatto del suo piccolo amico.
Tutti rimasero immobili ai propri posti, in silenzio, a osservarsi fra loro. Gli angeli, nonostante la loro natura li rendesse simili l’un l’altro, erano comunque diversi nelle loro fisionomie. Potevano facilmente essere confusi per dei ragazzini, con un’età fra sette e i dieci anni, se non fosse stato per le loro ali e per quei cerchi luminosi sulla testolina, cangianti al ritmo delle loro emozioni.
«Ragazzi, penso sia ora di presentarci; anche noi abbiamo dei nomi e visto che dovremo collaborare insieme, è giusto sappiate chi siamo e chi custodiamo», esordì Violet improntando un inchino. «Bene, iniziamo da me: io sono Violet e la mia protetta è Laura», e immediatamente volò accanto alla ragazzina che felice le regalò un sorriso.
«Io sono Jasmine», proseguì l’angelo, «e il mio protetto è …».
«Sono io, lo so, sono io», gridò Carletto sventolando la mano.
Il terzo angelo, al centro del gruppetto, ammiccò con un sorriso verso Andrea e disse:
«Io sono Roselin e sono il custode di Andrea». Inaspettatamente per l’angelo, anche alla sua protetta si illuminò il viso.
«Io sono Camomile e sono il custode di John».
Infine, accostandosi a Henry, l’ultimo angelo disse: «Io mi chiamo Lavander e tu sei il mio protetto».
I ragazzi erano sempre più sbalorditi, non riuscivano a spiegarsi come fossero capitati in una situazione tanto inimmaginabile, e gli unici a cui potevano rivolgere le loro domande, erano proprio loro, gli angeli.
«Possiamo invocarvi in qualsiasi momento?» chiese Laura.
«Certo, sempre!».
«Dove vivete?», fu la volta di John
«Accanto a voi», rispose Camomile.
«In un mondo spirituale?».
«Esatto!».
«E com’è fatto questo mondo, ci sono case, giardini, alberi? Com’è costituito e dove si trova esattamente?», continuò John.
Guardandosi tra di loro, gli angeli abbozzarono un sorriso per la domanda loro posta, ma con fare paziente Roselin rispose: «Il nostro mondo è il vostro mondo, solamente che voi lo vedete alterato e non riuscite a distinguerlo».
«Ciò che voi vedete, è ben diverso da ciò che realmente vi circonda. È come se indossaste delle lenti con la gradazione sbagliata, che storpiano la visione reale e quindi non vi permettono di vedere chiaramente», aggiunse Lavander.
«Un prisma le cui molte facce sono rese opache dalla superbia, dalla presunzione, dall’orgoglio, dall’arroganza e dall’egoismo», declamò sconsolato Jasmine.
«L’uomo pensa di avere la facoltà di poter essere auto-sufficiente, di non aver bisogno di nessuno, di prendere scelte consultandosi con i suoi simili, magari con risultati più che soddisfacenti», continuò Lavander.
«Beh! Perché, non è così?», asserì determinata Andrea. «L’uomo ha sempre cercato di migliorare la qualità della sua vita, da quando esiste su questa terra».
«Ma dimentica di considerare cosa muove il mondo, non c’è soltanto lui con tutte le sue pur meravigliose risorse. Non rade volte le sue scelte e le sue conquiste sono accompagnate da collaborazioni soprannaturali», aggiunse Roselin, che cercava di smussare la visione a senso unico di Andrea. «Non riflettete abbastanza sul fatto che qualcuno che vi vuole bene riesca a farvi sentire la propria vicinanza in ogni momento della vostra vita, entri nei vostri dubbi e vi tiri fuori con la scelta migliore. Dovete solo credere che ci sia, che vi guarda dal suo posto celeste, da dove può avere cura di tutti.
«E chi sarebbe che lì dal cielo può fare qualcosa per noi, guidandoci anche in quello che facciamo?», replicò scettica Andrea.
Lievemente spazientito, ma con aria di sfida, Roselin rispose, cercando di garantire la massima calma: del resto era un angelo con un selfcontrol genetico. «Che ne pensi, ad esempio, di noi?». Lo sguardo fermo andava dritto negli occhi della bambina, mentre il cerchio sul suo capo s’infuocava di luce cangiante. Andrea, atterrita, fece qualche passo indietro, per sentirsi più sicura nel replicare: «Voi?».
«Noi abbiamo poteri che non immaginate e per questo potremmo aiutarvi a portare a termine le vostre imprese, sia grandi sia piccole, se solo ci chiamaste più spesso e fiduciosi. Vi potremmo proteggere tutti, voi, le vostre famiglie e chiunque amiate. Vi aiuteremmo nelle vostre conquiste, se interpellati », rivelò Camomile.
«Gli uomini ci ignorano, di conseguenza siamo sempre disoccupati … », si lamentò Violet triste.
«Ci accorgiamo di quante cose non vadano e ci dispiace del fatto che non possiamo fare nulla, perché nessuno ci chiama in causa», chiarì ulteriormente Jasmine, sedendosi e poggiando il viso angelico tra le mani.
«E questo sempre per il libero arbitrio?», chiese amareggiato Carletto
«Sì, proprio per la libertà di decidere», spiegò Roselin.
«Ma questo è assurdo! Tutti vi chiamerebbero se sapessero della vostra esistenza! Perché non vi mostrate a tutti, come avete fatto con noi!», e imbronciato Carletto si raccolse nel proprio giubbotto, sollevando il bavero felpato.
«Non essere deluso Carletto, noi ti abbiamo dimostrato che, se tu ci invochi, noi siamo qui: il problema è che non tutti riescono a vederci. Solo i cuori semplici e sensibili hanno questo privilegio», spiegò rasserenandolo Jasmine. «Quelli che si commuovono davanti ad un tramonto, a un bimbo che nasce, a un fiore che sboccia o ad una stella che cade; questi sono in comunione con l’universo, con noi che viviamo in un mondo parallelo al vostro, anche se in un’altra dimensione», precisò Camomile, desideroso quanto gli altri di mostrare la chiave d’accesso alla via degli angeli.
«Infatti, non appena avete percepito la nostra presenza, come vedete, ci siamo rivelati subito», concluse Roselin, giocando con i riccioli dei suoi capelli rosso carota.
«Si è fatto tardi, però, è ora che torniate a casa, il tempo è volato!», notò Camomile.
«Ormai sapete come contattarci», ricordò compiaciuto ai ragazzi Violet.
A malincuore i ragazzi si alzarono e si avviarono verso casa. Al centro del giardino, sotto i verdi pini, sola Laura si trattenne perplessa e inquieta. Violet era consapevole del perché la ragazzina avesse preferito indugiare un poco; lui sapeva cosa volesse chiedergli, ma non agì d’anticipo, aspettò che Laura trovasse il coraggio per esprimere cosa pensava da un po’. E finalmente, dopo tutti quei chiarimenti, il momento era arrivato: «Violet scusami, ma vorrei porti una domanda, sicura che tu puoi darmi la risposta: vorrei sapere se tu, lì dove vivi, vedi la mia mamma. Tu sai dov’è, vero?». L’angelo fissò la bambina per un tempo interminabile, poi rispose con voce tranquilla: «Io non sono autorizzato a dirti dove si trova la tua mamma, ma ti garantisco che lei sta bene ed è felice, soprattutto quando tu sei serena. Tua madre ti ama tantissimo, non dimenticarlo mai». Laura a quelle parole provò una gioia infinita, e istintivamente buttò le braccia al collo dell’angelo, che non fece in tempo a sottrarsi al suo slancio. Al contatto un tiepido calore passò sotto la sua pelle, facendole chiudere gli occhi e respirare una dimensione interiore di pace completamente nuova, mai sentita prima e indimenticabile, poi, per lei. Spente tutte le parole, solo pace, tanta smisurata pace nel suo esile corpicino.
«Co … cos’è successo?», balbettò la ragazzina appena poté, accorgendosi di essere abbracciata a se stessa, «che cosa è successo?», chiese un’altra volta, guardandosi attorno smarrita.
Nessuno le rispose. Posto a distanza, vide l’angelo impietrito che la fulminò con uno sguardo di fuoco. La ragazzina si sentì sciogliere tutte le membra: era come se quegli occhi fossero scesi fin dentro alla sua anima. «Non potete toccarci per vostra iniziativa: può accadere solo per nostra decisione e in questo caso assumiamo sembianze umane in carne e ossa. Ma quando siamo nella nostra essenza angelica, proprio no! Per voi è un’esperienza troppo forte e per noi … beh! … Lasciamo stare, ora torna a casa, tuo padre ti cerca», disse rigoroso Violet. Per quanto fortemente intimorita, Laura non staccò gli occhi dal suo volto e silenziosa indietreggiò di qualche passo; inciampata su un cespuglio si rialzò di scatto e senza girarsi corse veloce verso casa, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. Il papà la stava aspettando.
Cecile Caravaglios
To be continued