Spiagge
Le risate del tardo pomeriggio, sbocciate riprese e accennate, dei primi incontri, della rinnovata concordia, delle passeggiate fino a dove il mare sembra di un altro pianeta, si attenuano, un po’ qua un po’ là, quasi per passaparola, tutte, insieme allo sgombero dall’acqua, di un tuffo ancora, di tutti i bagnanti, dei voli di pallone. Il divo si sta preparando, lontano per tutti, ridendosela della chiusura di ombrelloni, sdraio e borse da mare. Lui si allontana e tutti vanno via, ognuno per il programma di fine giornata, tutti perché caldo e luce si sono compattati in un disco, hanno concesso al vento scintille ed eccessi, reso imprendibile il sole, svelata la sera in attesa da ore. Il primo apre agli altri, lungo una diagonale, ondulata, colorata fra i ricami e le frange dei prendisole, gli aforismi da t-shirt e bermuda variopinti. Per riprendere il sole. Sospese schiere di schermi sul lato lungo lo mettono al riparo dalla sua discesa, riflettono il suo cangiare, resistono al suo chiarore. Gli occhi guardano il telefonino che guarda il sole raggiunto dall’acqua, mentre il cielo stampa i pixel dei suoi colori. Tornare lì, dove le fotocamere scovano la memoria nei suoi falsi tramonti. Non c’è tempo che cambi, dimentichi, sposti declassifichi chi e cosa siano sole. Il sole non va via. Al massimo possiamo girargli intorno.