Come la pioggia – 3

Come la pioggia – 3

Come la Pioggia – 3

Finalmente era arrivato un lungo week end in cui potermi rilassare nella mia piccola casetta sperduta nelle campagne inglesi. Prima di partire lasciai le ultime consegne a Sophie, fondamentale perché le produzioni del giornale andassero in porto nel migliore dei modi. Dopo essere passato da casa per recuperare la valigia che avevo già preparato buttandoci dentro due cose alla rinfusa, mi diressi verso la stazione per il treno delle 17:30. Salii sul vagone e presi posto accanto ad un bambino che stava leggendo dei fumetti di Spider-man. La mamma davanti a lui lo guardava con tutto il suo amore. Sembrava molto stanca, ogni tanto si girava verso il finestrino e poi ritornava a guardare Benjamin. “Il mio eroe preferito è Iron Man” – “Ha un’armatura bellissima e spara raggi laser dai palmi delle mani”, dissi io. Benjamin mi guardava con un’aria un po’ buffa, come se stesse pensando che di super eroi, io, così grande, non potevo capirne molto. “Sì, ma Spiderman è il migliore di tutti! È il mio eroe preferito sai… può stare attaccato alle pareti, ai tetti. Spara le ragnatele dalle mani!”. “Wow deve essere proprio forte, ma chissà chi vincerebbe se sfidasse Iron Man”. Benjamin ci pensò un attimo portandosi la mano sul viso e poi come se la risposta fosse stata ovvia fin da subito mi disse “Vincerebbe sicuramente Spiderman!”. La mamma di Benjamin, che nel frattempo si era destata dai suoi pensieri, aveva assistito alla nostra conversazione: era molto divertita dalle nostre chiacchiere sui fumetti e gli eroi che avremmo voluto esistessero davvero. “Dai Benjamin adesso basta, lascia stare il signore che magari, adesso, avrà voglia di riposare.” “Ma no si figuri, è un bambino molto perspicace, mi piace molto chiacchierare con lui. Comunque piacere, sono Thomas Grimm.”. Lei sorridendomi e porgendomi la mano mi disse “Piacere mio, il mio nome è Margaret Hold; lui è Benjamin Hold, ma vi siete già conosciuti a quanto pare”. Guardarla parlare mi ricordava mia moglie perché aveva una gestualità delicata, delle espressioni del viso appena accentuate incorniciate dall’acconciatura raccolta dei capelli mossi con qualche ciocca qua e là che sfuggiva via dalla morsa del fermaglio. In quel lungo viaggio fino alla stazione di Brook Wood mi raccontò di come lei e Benjamin fossero rimasti da soli dopo che il compagno di Margaret li aveva lasciati per stare con un’altra donna quando lei era in gravidanza; ne parlava senza nessuna sofferenza, come rassegnata a quell’idea dolorosa alla quale si era dovuta abituare senza poter scegliere. Ci salutammo dovendo prendere strade diverse, io verso nord e loro verso ovest. Arrivai alla tenuta al tramonto, il momento che più preferisco della giornata. C’era una leggera brezza che accompagnava i miei respiri, che faceva oscillare i fili d’erba illuminati dai deboli raggi del sole che giocava a nascondino dietro le colline. Mi sembrava di poter vedere le onde del mare sui campi sterminati con la sensazione di poter toccare e afferrare il bagliore. La casa era un po’ umida e trascurata ma una volta acceso il camino riacquistò la familiarità di un tempo. Quel tepore si irradiava in ogni stanza e mi dava una strana euforia; mi faceva sentire come se avessi dovuto aspettarmi qualcosa, come se ad un tratto qualcuno avesse bussato alla mia porta. Pensavo che probabilmente non sarebbe arrivato nessuno, ma che in compenso è proprio bello aspettare qualcuno quando sai che arriverà.

Giulia Magnasco

To be continued

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