Donne di buona famiglia
Le donne ne hanno viste di tutti i colori!
Non solo quelle annientate da uomini inetti che non accettano le loro
scelte e le loro idee, non comprendono il cambiamento e si affermano
imponendosi con la forza e la violenza. Quella è la punta dell’iceberg e sta
assumendo proporzioni preoccupanti e complesse, attraversando
geograficamente lo stivale e percorrendo tutti i pianerottoli sociali.
Penso che le donne abbiano subito nei secoli altre sopraffazioni subdole e schiaccianti, magari apparentemente comode e naturali, quelle della
famiglia patriarcale, di padri padroni, di madri rassegnate, delle dicerie
della gente, della vergogna, dei rituali assodati e incontestabili, del ruolo
talvolta opprimente di mogli e madri e basta.
Mi capita di ascoltare racconti di vita e di confrontare vicende, alcune
difficili e strazianti come quella di una ragazza di Partinico che, negli anni
del dopoguerra, fu costretta a sposare l’uomo che l’aveva rapita e che ha
detestato per tutta la vita. Quello del rapimento era un uso consolidato in
Sicilia fino agli anni ’60, l’uomo sceglieva la preda, la rapiva con l’aiuto di
complici, la violentava e poi il matrimonio riparatore era obbligatorio. La
donna non aveva pensiero, voce, diritto. Subiva una condanna e
acconsentiva tutta la vita alla regolarizzazione di una decisione altrui.
Anche un po’ di anni fa, insegnando presso una scuola per adulti di
Misilmeri, incontrai donne degli anni Sessanta che non avevano
frequentato la scuola a tempo debito e che stavano riscoprendo il valore
dell’autonomia e il piacere della conoscenza. Mi confidarono che era loro
dovere, una volta rientrato il marito a casa, seguirlo in bagno con la
biancheria pulita in mano. Guai se all’orario non erano in casa
sull’attenti!
Ovviamente, io concentrai tutta l’attività didattica su letture
e approfondimenti mirati al loro riscatto materiale e morale, loro ne
furono felici, parteciparono con autentico interesse, ritagliando con
soddisfazione lo spazio dello studio dalle loro incombenze domestiche
… non so come reagirono i loro mariti!
Qualche giorno addietro, invece, passeggiando con Artù ho avuto il
piacere di conoscere la prima hostess siciliana dell’Alitalia. Mi ha raccontato con orgoglio la sua vita, partendo da una madre in gamba che
aveva compreso e assecondato l’indole moderna di una figlia femmina
educata al Sacro Cuore, che il padre avrebbe voluto sposa e madre; mi
raccontò con gli occhi lucidi la sua fuga da casa alle cinque del mattino
nella penombra di un corridoio con le scarpe in mano, mentre il padre
urlava e cercava di bloccarla. Mi descrisse con tono di favola l’eleganza
delle divise, la gentilezza dei colleghi, il piacere del guadagno, i periodi
all’estero e la scoperta di luoghi sconosciuti a dorso di cavallo. Si soffermò sulla sua capacità di dipanare momenti di disagio in volo, della
conoscenza delle lingue che aveva studiato grazie alla complicità della
madre. Insomma, mi fece sognare un mondo in cui ognuno asseconda il
proprio pensiero e i propri gusti, un mondo semplice in cui la famiglia e la
scuola mettono sul tavolo i talenti da giocare e il singolo, sostenuto da
una società giusta e nel rispetto delle regole condivise, intraprende la
propria partita. Può vincere, perdere, pareggiare, ma è il protagonista/ la protagonista e nessuno può imporgli/le altre decisioni prima durante e dopo.
Io non ho vissuto nessun tipo di limitazione alla mia volontà, ho scelto
liberamente tutto e così farà mia figlia, ma noi donne siamo il frutto di
innumerevoli battaglie condotte da donne oppresse e sfortunate. Per
questo oggi alcuni atteggiamenti mi danno molto fastidio come
l’abbigliamento e, ancor peggio, l’atteggiamento delle vallette del
programma di Bonolis, seminude con i seni strizzati da un reggiseno a
forma di vassoio inebriapopoli e l’aria da svampite divertite; sarà una loro
scelta? O è la scelta di un sistema ancora troppo sbilanciato e bugiardo
che parla di quote rosa ma spoglia le donne e mercifica il loro corpo?