Era Elena
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Ma gliel’ho mai detto quanto fosse bella? Ma gliel’ho mai detto? Anche se dovessi inventarmi in un abitacolo della memoria che è accaduto, i fatti smentiscono.
Siamo a casa e un ragazzo oggi è venuto a trovarci, confidando in noi. Il padre non torna, eppure la guerra è finita. Telemaco, Ulisse, Itaca, il filo della ricerca e del ritorno. Io guardo Elena, il suo fiuto nel riconoscere il giovane isolano, determinato contro l’abbandono e la dimenticanza. Noi siamo già per lui la dimostrazione che le cose poi tornano a posto.
Non aveva da aspettarmi Elena, non ero mai andato lontano. Regalmente assente nella mia assodata presenza, legavo la vita a un fratello spregiudicato e prepotente. Bella fine che ha fatto. Tradito, respinto, spedito nell’Ade, dalla porta di casa propria.
E me lo sono andato a cercare appena tu, Elena, sei andata via, leggera come un petalo di primavera, perché uno che se ne infischiava del padre dei fratelli e delle beghe familiari era venuto a prenderti, a dirti “sei con me”. Me lo sono andato a cercare mio fratello, per barattare il tuo abbandono con qualcosa di prezioso per cui valesse la pena farlo sapere a tutti, non che le cose fra noi non andassero, ma che tutta la comunità era toccata dalla mia ferita. Io avevo un bene, per una volta, più alto di quello di una città. Più di mio fratello. Ero il re della tua vita. Eserciti di duellanti per la “riconquista” di Elena.
Sono qui, fra il pubblico di Matteo Nucci all’interno di una sala museale di Palermo. Parla di te, ancora si parla di te, adesso icona della complessità dell’amore, fra le stanze del Salinas. Sono seduto a fianco della metopa che evoca l’esalogo della seduzione di Era. La dea consegna Zeus alle sue promesse.
Era Elena a consegnarmi alla mia libertà.