Il giardiniere
Il giardiniere
Il mese di ottobre è un tempo a metà, al mattino estate e di pomeriggio autunno: allegria e sobrietà, dovere ed evasione.
Ricordo il mio primo anno da insegnante, nell’ora buca scendevo in lavanderia dove sorseggiavo il caffè con suor Elvira assaggiando i primi fruttini di martorana. Il sole riempiva gli ambienti e oltre i vetri osservavo il giardiniere che curava i fiori di un’aiuola ampia ma laterale, eppure ricca di piante superbe; lui non sapeva di essere guardato e intratteneva con le sue creature un dialogo fitto e affettuoso, ne sistemava le foglie e regolava le altezze, orientandole verso il sole. Sembrava un sarto creativo nella piena realizzazione del bello, probabilmente in quell’angolo di giardino, visibile solo dall’interno, era stato libero di esprimere il suo gusto trasgredendo le regole delle committenti e, in quel luogo diventava il creatore, esprimeva l’assoluto attraverso le forme e i colori, i toni e le sfumature, i pieni e i vuoti, gli alti e i bassi, tagliava, sfrondava, lucidava. Era il pittore libero, l’artista appassionato, il ricercatore indomito. Bastavano pochi minuti per cogliere la gioia del dovere che si trasformava in piacere, salivo in classe e trasferivo la stessa enfasi nelle mie spiegazioni letterarie, nella lettura dei versi, nella correzione di un elaborato. Il dovere diventa realizzabile solo quando sconfina nel piacere, anzi, diventa arte se oltrepassa la soglia grigia del dovuto e incontra la realizzazione gratificante del piacere. Anche l’insegnamento, tanto criticato e osteggiato dai più, diventa arte quando oltrepassa le brutture scadenti dei test d’ingresso e invade i campi rigogliosi delle poesie recitate in classe che incontrano sguardi accesi e interessati, quando fa rivivere antichi poeti nelle domande inquietanti di un adolescente, quando racconta la vita di ieri e ne ritrova oggi significati attuali e coerenti.
La metà del cielo di un’insegnante è sempre scoperta gioiosa, l’altra metà è incombenza superflua e improduttiva creata per fare azienda in un luogo dove fioriscono le intelligenze e le idee che domani saranno vita.
Un illustre insegnante e scrittore, Alessandro D’Avenia, sostiene che gli alunni sono come le piante, devono essere messi alla luce per fare emergere il loro potenziale. Che meraviglia! I Maestri che vogliono e riescono in questa impresa ardua, sicuramente incontreranno anche l’insuccesso, ma avranno speso le migliori energie per creare armonia, come il giardiniere estroso delle suore!!