In un tempo che non c’è più – Primo tempo

In un tempo che non c’è più – Primo tempo

Oceanine e Tritoni

In un tempo che non c’è più o forse c’è ancora, chissà, nel profondo delle acque che circondano la terra di Atlantide, qualcosa di misterioso stava per accadere. Lo si poteva intuire dal fremere della sabbia, dall’eccessiva velocità dei pesci, dal ripiegarsi delle alghe su se stesse, dalla rapidità con cui i molluschi rientravano nelle loro conchiglie. Era come se quel mondo prima lento e sonnolente, si fosse improvvisamente svegliato temendo il sopraggiungere di un grave pericolo e si affrettasse a trovare un qualsiasi riparo. Poi, d’improvviso, un terribile urlo seguito da un lampo di luce sovrastò ogni cosa. Ed ecco che prima una fiammella, poi una seconda, una terza e poi tante diedero luce e forma al castello di madreperla, dimora del re Nereo e della regina Doride, sovrani dell’incantato mondo marino, dove vivono uomini che sembrano pesci e pesci che sembrano uomini. All’interno regnava una enorme confusione. “Chi ha gridato? Cos’è accaduto?” –  si chiedevano impaurite le sardine mentre in tutta fretta indossavano crestina e grembiule. “Cos’è accaduto? Chi ha gridato?” –  si domandavano ansiosi i saraghi nel mettere velocemente la livrea. I tonni, ancora insonnoliti, infilavano la corazza e l’elmo lasciando trasparire lo sgomento dagli occhi: “Stanno forse assalendo il castello?”- mormoravano tra loro. Anche il polpo gigante, posto a guardia dell’ingresso, temendo l’assalto di un nemico sconosciuto, agitava in modo caotico i tentacoli cercando di colpire un nemico invisibile. Chi nuotava da una parte, chi da un’altra; chi si spostava verso la sala del trono, chi sui bastioni; chi rincorreva un’immaginaria figura, chi cercava di raggiungere al più presto la propria postazione di lavoro; era tutto un turbinio di schiuma e di sabbia tale da offuscare ogni cosa.

Ed ecco il timbro grave e profondo di una conchiglia, il cui suono annunciava l’arrivo del re. D’improvviso, quel via vai febbrile si arrestò: ognuno rimase fermo al suo posto nell’attesa del passaggio del corteo regale. Tutti furono presi da grande stupore! Non si era mai visto, a memoria della servitù, Nereo, il re, dirigersi verso la sala del trono così scarmigliato: la casacca blu e oro non ancora allacciata, il mantello blu notte, quello delle cerimonie dolorose, arrotolato sulle spalle, la corona di perle e coralli posta di sbieco sul capo con le alghe ancora aggrovigliate. “Come è possibile che trenta fanciulle spariscano nel nulla?” – tuonava furioso agitando il tridente in maniera scomposta – “Come mai nessuno, ancelle, guardie, servitori, si è accorto di nulla? Non è possibile! Non è possibile!” – continuava a gridare, cercando con passo frettoloso di raggiungere prima possibile la sala del trono.  E non era da meno, per trasandatezza e agitazione, la regina Doride! Nota in tutti i mari per la particolare cura dell’aspetto e per la magnificenza delle sue lunghe chiome, appariva ora scompigliata e in affanno, priva di qualunque fascino e attrattiva. I suoi meravigliosi capelli formati dalle alghe dorate, raccolte dalle sirene in acque segrete e filate dagli ippocampi, erano solitamente intrecciati alle perle del colore dell’ambra, tale che ad ogni movimento della testa sprigionavano bagliori di luce dorata. Il suo vestito, tessuto dalle Ondine con la spuma delle onde, riprendeva nell’azzurro e nel verde i colori cangianti del mare, ora calmo ora agitato ora burrascoso tale che, quando camminava, sembrava che le onde si muovessero con lei.  Ora, invece, un intreccio di alghe e perle misto a fango ricopriva la sua testa e il lungo vestito era così stropicciato da sembrare un mare limaccioso e in tempesta.

Non appena presero posto sui troni d’oro massiccio, la sala si riempì di ogni genere di abitanti marini accorsi a udire il motivo di quell’urlo lacerante. “Cari sudditi – iniziò il re con voce angosciata – è accaduto qualcosa di così tremendo che non riesco neppure a esprimere”. Così dicendo si girò verso la regina, le prese la mano e portandola sul cuore continuò: “Le nostre figlie, le vostre principesse, sono state rapite. Non conosciamo chi stanotte le abbia strappate ai loro letti e non sappiamo dove le tengono nascoste”. Grida di stupore e di sdegno risuonarono per tutta la sala. “Chi ha potuto compiere un simile misfatto?” strillarono un centinaio di sogliole, provocando un turbinio di sabbia. “Povere principesse! – esclamò in coro un branco di merluzzi – Dove le avranno portate?”. “E’ stato chiesto un riscatto?” – domandò a voce alta un grosso dentice che portava addosso il segno di una recente cicatrice – Sono pronto a recarmi anche nel mare di ghiaccio per poterle salvare!”. Ma nessuno, in quel caos di voci, gli diede retta. “Silenzio! Silenzio! – tuonò re Nereo agitando il tridente – Vi ringrazio per la vostra partecipazione al dolore mio e della regina; ma finché non avremo notizie certe, vi prego di contenere il vostro dispiacere e di tornare alle vostre occupazioni. Soltanto così, facendo ognuno il proprio dovere, potremo liberare le principesse. Il mio compito sarà quello di riunire il consiglio di guerra e decidere sul da farsi. Andate, dunque, e lasciate libera la sala”. Un leggero brusio accompagnò le parole del re mentre la sala si andava svuotando. Non appena tutti furono usciti, da dietro una tenda di conchiglie vennero fuori dodici poderosi squali che trasportavano un tavolo di cristallo, di forma ovale e di grande dimensione; con una certa fatica lo posero al centro della sala. Il re e la regina presero posto, ciascuno ai due capi del tavolo, e i sei squali da una parte e gli altri sei dall’altra occuparono i posti restanti. Ai lati del re si erano situati due squali tigre, i cui occhi grandi e rotondi scrutavano da ogni parte; ai lati della regina due squali tessitori, pronti con il muso lungo e appuntito a colpire chiunque si fosse avvicinato; posizionati tra questi, due squali ramati, due dalla coda macchiata, due dalla pinna bianca e infine due squali elefante dall’aspetto truculento e dallo sguardo minaccioso. Prese a parlare uno di questi: “Maestà – disse con voce cavernosa – lasciate a noi, vostri fedelissimi guerrieri, il compito di scoprire dove le principesse sono tenute prigioniere. Gli squali tigre pattuglieranno rive e scogliere e in più si insinueranno nelle barriere coralline; quelli dalla coda macchiata, piccoli e agili, potranno spingersi in profondità; gli squali ramati e quelli dalla pinna bianca perlustreranno grotte e caverne e quelli tessitori ripuliranno coste e litorali dalle alghe, così da rendere le acque più trasparenti. Noi resteremo al castello a proteggere le vostre maestà”. “Bene! Mi sembra un ottimo piano d’azione – ribadì il re – e lascio a voi l’organizzazione; ma agite subito, perché in questi casi la tempestività è essenziale”. Immediatamente gli squali, dopo aver giurato fedeltà al re battendo tre volte la coda sul tavolo di cristallo, si allontanarono dalla sala del trono per raggiungere i loro plotoni e iniziare le ricerche.

Licia Adalgisa Callari

To be continued

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