La notte del Getsemani

La notte del Getsemani

Parlano. Dai lati opposti di una larga scrivania. Impeccabile, delicati colori si richiamano, frisée dorato per una voce suadente e una postura che sembra non registrare fatica, nemmeno per la sveglia molto mattutina. Guarda e ascolta, risponde e cerca da una tastiera. Ha atteso qualche minuto, per rialzarsi senza mostrare incertezza, chiedere perché chiamata. E si è accomodata, fra ricami e argenti. Figli, nozze, ex di default, le logiche delle carriere, le letture a matita che si accorgono dell’anima. Inaspettata gita fra i sé della conversazione, non detti nominati, emersi nella misura dei sogni che non si scompongono per resistenze e sconfitte. Splende La notte del Getsemani, in quella stanza di confidenze accennate, il titolo consigliato per le pagine che raccontano un racconto mai finito. Leggeranno, ognuna nelle proprie distanze, come Recalcati ascolta l’intatta solitudine di Gesù nell’ultima notte della sua vita avanti Cristo. C’è un due che torna. Esegue la compiutezza della consegna, distingue la distanza fra inganno e tradimento, ispessisce la narcosi del sonno, rigenera la preghiera. Non lasciarmi. Lo chiede Gesù, in quel dopocena scritto nella verità. Lo chiede alla veglia dei discepoli, ma si addormentano, come hanno già fatto. Lo chiede al Padre, ma non risponde. Chiede vita, ma è solo nel Getsemani. Non lasciarmi, lo chiede chi ama. Una lacrima al fruscio del sipario. Non è uno qualsiasi Gesù. Scende fin dove gli introiti dell’abbandono coincidono con tutto l’amore che è. E chiede vita lasciandola, spodesta il suo io, liberandosi, la racconta a Dio. Recalcati scrive tanto altro, sul desiderio evocato dalla sua voce al punto di Lacan, sulla prossimità del tradire, il calcolo dell’inganno che sgombra via chi intralci i suoi piani. E come sempre supera le sue stesse teorie, studiosi e studi, con l’inspiegabile forza sovversiva del credere. Si sveglieranno, come faraoni tra gli oggetti trasformati dalla memoria. Voluminose altezze di sabbia indicheranno la ripartenza da tutt’altra parte.

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Cristina Picciotto

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