Muriel – 10 Alle cinque da Carletto

Muriel – 10 Alle cinque da Carletto

Seduto alla scrivania della sua cameretta, Carletto era intento a completare gli esercizi di matematica. La giornata era cupa e la pioggia batteva, con ritmo costante, sui vetri coperti da tende leggere. Stanco e annoiato chiuse bruscamente il quaderno, sospirando e rivolgendo lo sguardo verso la finestra, lontano dalle moltiplicazioni; alzatosi di scatto, la raggiunse per scostare la tenda e vagare con lo sguardo, dal grigio del cielo al folto giardino sottostante, in cerca di qualcosa di più interessante, mentre la pioggia cadeva così fitta da sembrare una coltre biancastra di nebbia. Ma nulla sembrava distoglierlo dal pensiero dei compiti: si voltò a guardare l’ora, erano già le tre del pomeriggio, come segnava l’orologio con la caratteristica sagoma di Topolino soprastante la scrivania, e lui non riusciva ad andare avanti. Tornò a spaziare con lo sguardo fra il verde degli alberi a lui tanto familiare e si soffermò a osservare il salice piangente al centro del parco. Certo che era magnifico, maestoso con quella sua chioma cascante e i rami rivolti al terreno erboso. Sembrava davvero che piangesse! Era il suo albero preferito, ma non avrebbe saputo dire il perché. Ora la pioggia scendeva più lentamente. Quanti ricordi sotto quel salice! Le corse con Andrea, la festa per i suoi sette anni organizzata all’ombra della folta chioma e poi, quello più importante e recente, l’incontro con gli angeli, avvenuto da nemmeno una settimana! Da quel fatidico incontro, Carletto interpellava il suo angelo continuamente, ricordandosi della sua onnipresenza. Amava chiamarlo e discutere con lui del più e del meno, come si fa con un vero amico. E anche in quei minuti di lotta con la noia, la sintonia fra i due era comunque in funzione. In quell’istante, una leggera piuma volteggiò alle sue spalle, atterrando accanto al suo piede. Sorridendo il bambino si chinò a raccoglierla e, capendo il messaggio, chiamò con il pensiero il suo angelo: «Jasmine dove sei? Dai, fatti vedere, lo so che questa piuma è il tuo biglietto da visita!». Dal nulla apparvero la testolina, due alette, il movimento delle braccia e infine la tunica bianca, al suo fianco.

«Ciao Carletto, Violet mi ha chiesto di riferirti che Laura ha bisogno di comunicare con te; e per favore vuole una risposta adesso da parte tua. Faccio io da messaggero», disse l’angelo, inseguito dallo sguardo divertito del bambino. «Ma che significa! Se Laura ha qualcosa da dirmi, perché non mi telefona invece di … aspetta, forse ho capito … vuole sperimentare se possiamo attivare la connessione angelica al posto dei telefoni. Ok, Jasmine, dille di venire».

L’angelo ascoltò un po’ spazientito e scomparve, per poi riapparire immediatamente.

«Laura chiede se può venire a trovarti verso le cinque, con John ed Henry », riferì l’angelo.

«Certo!».

«Bene, a questo punto, caro il mio bimbo, che ne dici di finire questi compiti insieme?», propose l’angelo sorridendo.

«Sì! Grazie!».

Studiare con Jasmine era uno spasso per Carletto, un po’ meno per l’angelo, che di solito si rifiutava di aiutarlo, poiché il bambino contava troppo sulla sua sapienza innata, per non fare niente e trastullarsi.

«Penso che con quest’addizione abbiamo finito», esultò Carletto, scattando su dalla sedia.

«Sì, ed io penso che non ti aiuterò più a fare i compiti, troppo semplice per te scrivere ciò che ti suggerisco io!», rispose Jasmine, con tono di rimprovero.

«Ma sei stato tu a offrirmi il tuo aiuto e io ho accettato, quindi, perché mi rimproveri?», ribatté Carletto, disorientato dal comportamento dell’angelo.

«Se proprio lo vuoi sapere, mi sono proposto perché non saresti andato preparato a scuola senza di me. E non funziona così, tu ti devi applicare, almeno un po’!», replicò Jasmine con le braccia conserte.

«Bene! E allora non mi aiutare più!», e sull’ultima sillaba fece il suo ingresso Andrea, dopo avere lentamente aperto la porta.

«Uhm! Che buon odore di gelsomino!», disse la ragazza chiudendo gli occhi e inspirando profondamente, per deliziarsi del profumo che inondava la stanza. «Scommetto che nei paraggi c’è Jasmine!».

«Ciao!», rispose, sventolando le ali.

Poi rivolgendosi a Carletto, Andrea esclamò: «Di sotto ci sono Laura, John ed Henry… ».

«Oh! Sì, falli salire, li aspettavo!», disse distrattamente Carletto, sbirciando ancora sul quaderno di matematica.

«Li aspettavi? Come mai io non so mai niente di queste riunioni improvvise?», osservò Andrea indispettita.

«Forse solo perché abiti in questa casa ed eravamo sicuri di trovarti qui», esordì allegramente una voce dietro di lei.

Girandosi di scatto, Andrea si ritrovò a due passi il suo amico Henry, che sorridendo le disse: «Scusa se siamo saliti senza il tuo permesso, ma abbiamo capito che ti stavi alterando e vi abbiamo raggiunto».

«Non vi preoccupate, entrate pure», si lasciò convincere Andrea.

«Ciao ragazzi, da quanto tempo non ci vedevamo!», li accolse festoso Carletto, mostrando ai ragazzi dove accomodarsi.

«Ciao», si fece avanti per prima Laura, posando i due volumi portati con sé su una sedia.

«Ciao Jasmine», disse John allegro rivolto all’angioletto.

«Ciao John!», rispose l’angelo.

«Vedo che hai appeso il planetario finalmente!», notò Laura, guardando la parete accanto al letto del piccolo amico.

«Beh, era ora! Da quando papà me l’ha regalato, è passato un po’ di tempo. Sedetevi, dove volete», disse, affrettandosi a sgomberare dai libri i posti a sedere.

Laura si accomodò sul letto, John si sedette sopra il pouf vicino, rimbalzando un po’ per trovare la posizione giusta, Henry si sdraiò sul tappeto, mentre Carletto e Andrea sistemavano i libri.

«Allora Carletto, ti è piaciuta l’idea di comunicare attraverso i nostri angeli? A proposito … Camomile!», esclamò John e dal nulla apparve l’angelo.

«Lavander, Roselin, venite pure voi!», chiesero ad alta voce Henry e Andrea e anche gli altri angioletti presero forma accanto a loro. Ma mancava ancora qualcuno e i ragazzi perplessi si girarono a guardare Laura, che mostrava indifferenza a quegli sguardi indagatori: «Non guardatemi così, Violet è impegnato, non può venire», disse la ragazzina, fissando le sue scarpe da ginnastica.

«Laura, chiamalo, siamo tutti qui. Considera che potresti aggravare la situazione», sussurrò John avvicinandosi a lei

«È vero», intervenne Roselin, «Violet non è arrabbiato, al contrario è triste, poiché ti sei dimenticata di lui!».

«Non è assolutamente così, io lo penso continuamente, mi manca tanto. Ok, provo a chiamarlo: Violet!», sussurrò Laura, un po’ imbarazzata.

Prima poco nitida, poi sempre più netta si avvicinò la figura dell’angelo accanto a Laura che non seppe dire nulla, al contrario dei ragazzi che gli diedero il loro benvenuto affettuoso.

«Ciao Laura. Non mi saluti nemmeno?», disse Violet con l’espressione triste.

«Ciao Violet. … Scu … scusami!», rispose Laura, continuando a fissare i suoi piedi.

«Mi sei mancata!». E Laura, sollevando lo sguardo, incontrò il volto dell’angelo rasserenato.

«La comunicazione angelica è un’idea geniale!», s’intromise Carletto, per smorzare la piega commovente che stava prendendo la conversazione e ritornare al discorso iniziale.

«Sì, anch’io lo penso», fece eco John.

«Di che parlate? Ci siamo persi qualcosa vero?», si aggiunse un po’ infastidito Henry, guardando Andrea e poi il gruppo.

«Ah! Scusateci, non abbiamo avuto il tempo di dirvelo, ma d’altronde è stata un’idea che c’è balenata in testa solo ieri sera», disse John per giustificarsi.

«Sì, ma io sono tuo fratello e condividiamo la stessa camera!», incalzò Henry.

«Smettetela di litigare per queste stupidaggini, ora vi spiego come sono andate le cose». Nel suo dettagliato racconto, Laura omise la scoperta del fiore e John le diede una mano per concludere: «Abbiamo pensato di riunirci proprio per questo, per cercare di capirci qualcosa, di venire a capo di questo mistero». Quindi Laura si sentì pronta per mostrare i volumi agli amici. Alzatasi dal suo posto li recuperò dalla sedia, mentre gli occhi di tutti la seguivano con trepidazione e, cominciando da Andrea, li consegnò agli amici, che se li passarono a giro di mano in mano, sfogliandoli a turno con cautela per qualche secondo. Una volta tornati nelle mani di Andrea, Laura fece un lungo respiro prima di tornare a coinvolgere i ragazzi. «Ho avuto modo di consultare superficialmente tutt’e due i libri, ma sono troppo grossi perché io ci possa riuscire da sola in breve tempo. Ho bisogno che voi mi aiutate a leggerli».

«Maaaaa … ti ha colpito qualche pagina in particolare?», chiese Andrea, aprendo Angeli custodi.

«Ho letto il prologo, dato una sbirciatina all’indice in generale e poi sono andata dritta al capitolo 28».

«E di che tratta?», chiese Carletto prendendo il libro dalle mani di Andrea, che lo fulminò con lo sguardo, mentre lui già cercava la parte scelta da Laura.

«Parla della riservatezza degli angeli, che non rivelano le verità conosciute per esortarci a scoprirle», riprese Laura, guardando Violet.

 Per un istante i ragazzi si girarono a guardare gli angeli che non intervenivano, ma sorridevano.

«Mi sembra, alle volte, che sappiano solo regalarci sorrisi», commentò Andrea, guardandoli.

«Beh, anche questo è molto bello!», osservò Carletto sorridendo a sua volta. «E poi non vi è soddisfazione ad avere tutto facilmente. È meglio raggiungere gli obiettivi lottando con le proprie forze. Quindi sono d’accordo che non ci aiutino!». Jasmine lo guardava strabiliato e di rimando gli sussurrò: «Bravo il mio bimbo così saggio. Da domani io dirigerò i lavori e tu operi da solo», e gli schiacciò l’occhio.

«E di quest’altro libro, che cosa hai letto? Sembra interessante!», intervenne Henry, che intanto aveva preso per sé Contatti Angelici.

«Qualcosa di più. Anche per me è molto interessante», e arrossendo guardò di sottecchi Violet, che le ricambiò lo sguardo.

«Quindi sai dirci di che parla?», insistette Henry,

leggendo senza troppa attenzione l’indice.

«Della rivelazione degli angeli agli uomini, di quanto questi ultimi stentino a credere nella loro esistenza, del modo usato dagli angeli per mettersi in contatto con loro. Non sempre avviene come hanno fatto con noi: alle volte fanno udire solo le loro voci, oppure si mostrano in sembianze umane o – guardando di sfuggita John – sottoforma di animali. Il libro parla della loro natura spirituale e soprattutto del loro amore nei nostri confronti, anzi c’è una frase che definisce perfettamente gli angeli: la loro essenza è amore, ogni parte di loro è amore. Il cuore dell’angelo è amore puro».

Laura esponeva ciò che aveva letto con una padronanza assoluta, affascinando tutti. Rendere con parole semplici argomenti difficili era un dono ricevuto dal contatto con Violet e gli angeli lo sapevano bene. Se ne accorse anche John che, vedendola in quel momento in azione, ripensava alle parole del fratello sulla luce nuova intorno all’amica. «Senti Laura, se vuoi, posso prendere io Contatti Angelici», disse spinto dalle sue riflessioni, dal volere andare in fino in fondo per trovare il perché di quel cambiamento graduale e crescente.

«Sì, lo prendiamo noi», non perse tempo ad unirsi Henry.

«Va bene. Io proporrei di scambiarceli, in modo da avere tutti le idee chiare. Ho intenzione di prendere altri libri che meritano … soprattutto uno», disse Laura, avendo in mente il pesante e antico volume lasciato a malincuore in biblioteca, quello dell’orchidea.

«E questa che cos’è?», chiese con espressione sbalordita Henry, sventolando in aria proprio l’orchidea. Laura rimase esterrefatta alla vista del fiore, poiché era convinta di averlo lasciato a casa. E invece era lì, che brillava fra le mani del ragazzo, emanando al contempo un profumo intenso e forte, come se fosse sbocciato in quel momento. Il suo unico pensiero fu quello di proteggerlo: avvicinatasi subito all’amico, prese il fiore delicatamente fra le mani e guardandolo amorevolmente lo mise al sicuro in mezzo ad Angeli Custodi, ignorando l’espressione di Henry, che attendeva da lei un chiarimento, e generando stupore nei cuori e sui volti di tutti.

«Forse non vi ho detto proprio ogni cosa», precisò Laura, e poggiando sulle gambe il libro che racchiudeva l’orchidea, non esitò a completare il racconto del suo pomeriggio in biblioteca.

Cecile Caravaglios

To be continued

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