Muriel – 24 Guai in vista
Il giorno dopo Laura si alzò presto, agitata dal pensiero della giornata che le si presentava davanti. Dal canto suo, John aveva dormito molto poco, visto che aveva passato la maggior parte della sera a raccontare ad Henry ciò che era successo, tanto da provocare la benevola gelosia del fratello riguardo agli spostamenti oltre il corpo. «Non capisco perché solo io debba essere penalizzato dagli angeli, come mai non regalano anche a me l’opportunità di viaggiare con l’anima? Forse mi devo innamorare di Laura?», disse con aria di finta innocenza al fratello, che con molta nonchalance gli tirò il cuscino colpendolo in pieno. Non riuscendo, a smaltire l’adrenalina accumulata dagli eventi, di seguito i due ragazzi si misero a spulciare il libro degli angeli, alla ricerca di qualche notizia utile, finché non crollarono storditi dal sonno nelle prime ore della notte.
«Che fame che ho», parlottava al mattino una volta in piedi John, preparandosi il pane tostato per la marmellata.
«Ehi John! Suonano al campanello, vai a vedere chi è», disse il fratello che non mollava il suo bicchiere di latte.
«Non posso, per favore puoi vedere tu?».
«Ciao Laura, qual buon vento ti porta qui di prima mattina? », la salutò mamma Scott che era corsa ad aprire.
«Buongiorno signora Scott», ricambiò Laura, rimanendo un po’ stupita di imbattersi con la madre dei ragazzi, dato che la signora nel corso delle giornate si faceva vedere raramente, per via del lavoro dirigenziale che le assorbiva la maggior parte del tempo: «Volevo chiedere un passaggio a suo marito per andare a scuola: papà è uscito presto, contando sulla vostra gentilezza», disse sempre più dolce e convenevole la ragazzina, lasciando John, che ascoltava dalla cucina, con il toast a mezz’aria per la sorpresa.
«Ma certo mia cara, accomodati pure», rispose la signora Scott, facendole segno di entrare.
«Ciao Laura, è bello vederti di mattina. Tieniti pronta che fra poco andiamo», si inserì il signor Scott, mentre si aggiustava la cravatta ammirandosi allo specchio dell’ingresso.
«Grazie signor Scott!».
«I ragazzi stanno facendo colazione in cucina, vai da loro. John, Henry, siate ospitali, mi raccomando!», proseguì la signora Scott. I due ragazzi affacciarono le teste dalla soglia della cucina e, nonostante avessero la bocca piena, sferrarono il più grande sorriso che potevano sfoggiare in quel momento.
«Ciao Laura, entra pure scusaci se ci trovi in versione mangereccia, ma ci siamo svegliati tardi. Ieri sera, John era troppo eccitato per addormentarsi e mi ha fatto tirare per le lunghe», disse Henry inghiottendo. Laura ricambiò lo sguardo d’intesa che gli mandò Henry e si voltò a guardare John che gli fece l’occhiolino.»
«Non vi preoccupate ragazzi, fate pure», rispose Laura, prendendo posto alla punta della tavola.
«Gradisci qualcosa?», chiese dolcemente John.
«No grazie, già fatto», rifiutò con garbo la bambina, appoggiando i gomiti sul bordo della tavola e sostenendosi il viso tra le mani.
«A cosa pensi bella fanciulla?», chiese Henry, passando sotto l’acqua del lavello il bicchiere del latte.
«A come muoverci per trovare le parti restanti di quadro. Il primo posto dove andare è l’istituto San Michele, quello di John. Il secondo è il nostro, dove noi due oggi potremmo ispezionare gli scantinati. Che ne pensi Henry?», propose la ragazzina, spostando lo sguardo da John ad Henry.
«Senza un piano? Mi sembra un po’ azzardato e poi dovremmo dare un’occhiata alla piantina, non credi?», ribatté Henry.
«Sì, Henry ha ragione, dobbiamo elaborare un piano ed essere sicuri dei nostri spostamenti, anche se adesso c’è un altro punto a nostro favore, ora anche io posso diventare invisibile e agire indisturbato», osservò soddisfatto John, lasciando perplessi Laura ed Henry.
«Ma tu non puoi utilizzare il rametto con tanta leggerezza, non sai ancora come fare e non conosci gli inconvenienti in cui potresti incorrere», si premurò di evidenziare Laura.
«Donna di poca fede, vedrai come, con l’aiuto di Camomile, riuscirò a gestire la situazione».
«Certo che quando ti comporti così, sei proprio antipatico».
«Ok, ora basta. Più tardi analizzeremo la cartina e condivideremo con gli altri il nostro piano. Andiamo che è tardi», si affrettò Henry a smorzare quel battibecco fuori luogo. «Ragazzi, vi aspetto in macchina!», disse passando come un fulmine il signor Scott.
«Sì, stiamo arrivando papà, dai Laura dopo di te», rispose John, cedendo il passo con mezzo inchino. Laura gli rimandò un’occhiataccia e passò avanti borbottando un «grazie!» poco convincente. Usciti in giardino, furono accolti dal frizzante profumo di fiori che impregnava l’aria piacevolmente fresca. Laura inspirò a pieni polmoni e poi entrò nella macchina del papà dei suoi amici, aprì il finestrino e per tutto il tragitto osservò il traffico che le scorreva davanti senza dire una parola. Preoccupata e pensierosa non vedeva l’ora di riunire tutto il quadro; inoltre già di mattina aveva avvertito quelle sensazioni spiacevoli, che non la facevano stare per niente tranquilla. Ben presto arrivarono davanti il piazzale della scuola, salutarono il signor Scott e si diressero verso l’ingresso dell’istituto in perfetta sintonia di pensiero, tanto da non accorgersi di chi li aveva affiancati.
«Ehi! Ciao John», agitava le mani Enrico.
«Oh ciao, non ti avevo visto arrivare».
«Mi sono accorto che eravate tutti in trance. Avete saputo dell’incendio che è scoppiato stanotte negli scantinati dell’istituto San Michele?», provò a destare la loro attenzione, facendo cenno a John che guardava Laura ed Henry, entrambi sbigottiti.
«No, non ne sapevamo niente, ma è andato distrutto qualcosa?».
«Non si sa ancora, dentro ci sono i vigili del fuoco e non so nemmeno se fanno entrare per le lezioni, mi ero avvicinato per saperne di più, ma ancora non c’è niente di certo».
«Che vuoi dire, scusami?», cercava di capire John.
«Non so se è vero, ma si pensa che il fuoco sia stato provocato da qualcuno».
«E da chi?», dissero in coro i tre ragazzi.
«Non si sa, anche perché se ci fosse stato davvero qualcuno, sarebbe scattato l’allarme», dedusse Enrico.
«Non è detto, questo qualcuno avrebbe potuto disattivare il sistema»,esordì Laura sbalordendo tutti.
« E brava la fanciulla che la sa lunga. Questa spiegazione non regge, perché l’allarme stamattina era ancora collegato, quindi il mistero resta, a meno che non sia stato un corto circuito», si prese la rivincita Enrico.
I ragazzi rimasero fermi nel piazzale della scuola a fissare l’istituto, che aveva ancora i cancelli chiusi, e il camion dei vigili del fuoco posteggiato al suo interno, sotto la scalinata, ma sembrava che dentro all’edificio non ci fosse anima viva. Assorta in questo scenario enigmatico, Laura iniziò a sentirsi sfiorare dalle tanto odiose sensazioni negative che le lasciavano addosso un malessere generale, mentre le orribili figure intraviste in altre occasioni le tornavano in mente. In un attimo capì chi poteva essere l’autore dell’incendio. Interpellò Violet con il pensiero e gli chiese di sintonizzarsi con le operazioni in corso. Nel frattempo Enrico, deluso per non aver saputo niente di nuovo sul misfatto, salutò i tre ragazzi e si allontanò. Laura fu felice che il ragazzo li avesse finalmente lasciati soli, si avvicinò ai suoi amici, ancora presi da quello spettacolo desolante, e invitò Violet a mostrarsi.
«Salve ragazzi, avete visto che guaio?», si presento l’angelo
sospeso a mezz’aria, mentre osservava con aria vacua l’istituto.
«Io penso sia stata la controparte a provocare l’incendio, magari per eliminare un terzo del quadro», si pronunciò subito Laura.
«La mia bambina diventa di giorno in giorno più perspicace. E infatti, il nemico, preso dal panico per la rapidità con cui il quadro sta per ricomporsi, ha creato un corto circuito nello scantinato. Un vero disastro, soprattutto per i libri conservati là sotto », diede la sua conferma Violet con l’aureola di mille colori. Henry guardava Laura sbalordito :«Tu se cominciassi a predire il futuro diventeresti miliardaria!»,le disse serio, provocando la risata di tutti i presenti.
«Ma dai, sono solo le mie personali sensazioni che mi danno certezza. »
«Certo, certo»,le rispose Henry fissandola come se avesse visto un lingotto d’oro.
«Comunque, per farvi sentire più tranquilli vi posso assicurare che, il quadro non è andato bruciato, è rimasto illeso; non posso aggiungere altro, anzi, per le alte sfere, ho già parlato troppo. Ora dovete essere voi a darvi da fare, scusatemi». E l’angelo sospirò sollevando il volto verso il cielo.
John guardò perplesso Henry che, facendo spallucce, borbottò: «Io l’ho sempre sostenuto che questi angeli non servono a niente, altro che aiuto»; e girandosi di scatto s’incamminò verso l’entrata della scuola, per capire meglio la gravità della situazione e quali fossero le probabilità di fare lezione.
Le scalinate erano affollate ed Henry sporgendosi oltre la cancellata in punta di piedi cercò di sbirciare. Finalmente, in mezzo alla confusione, riconobbe il Signor Alfredo, il bidello dell’Istituto S. Uriel e lo chiamò., subito. «Ehi! Signor Alfredo! Può avvicinarsi un attimo?».
«Non posso ragazzo mio, qui è tutto un disastro, all’interno la situazione è deplorevole e ancora non si sa se si terranno le normali lezioni!». Henry, sorrise soddisfatto, pensando a come avrebbe potuto trascorrere liberamente la giornata. «Ottimo!», esclamò impulsivamente.
«Che vuoi dire?», ribatté il bidello, che era riuscito a farsi strada fino a lui.
«Oh niente, niente solo che è un bene che siate già a buon punto sulle ricerche», si difese Henry.
«A buon punto? Ma se ancora siamo in alto mare! Un attimo, aspetta, ma che ne sai tu delle ricerche… uhm tu nascondi qualcosa.», insinuò il bidello carezzandosi il mento, mentre imperterrito scrutava gli occhi del ragazzo, «non mi convinci, entra, andiamo dal preside», disse determinato il signor Alfredo aprendo il cancelletto accanto a loro.
Henry sentì lo stomaco torcersi, il cuore fermarsi per poi accelerare a mille e il viso in fiamme.
«Come dal preside, ma … ma io non ho fatto niente!».
«Muoviti ho detto, poche storie. Secondo me tu ne sai una più del diavolo, dai entra»«.
Henry, dapprima immobile per la circostanza paradossale, cominciò poi a muovere meccanicamente i piedi senza capire cosa stesse succedendo, non accorgendosi che i suoi amici avevano visto la scena e stavano accorrendo in suo aiuto.
«Henry che fai, dove vai? Aspetta un momento», urlò Laura trafelata per la corsa.
«Andate via voi, non sono affari che vi riguardano», intimò burbero il bidello, spingendo dentro l’atrio Henry, totalmente spaesato.
«Dove lo sta portando», gridò John allarmato.
«Non sono affari vostri, andate via», rispose il bidello dirigendosi verso il portone della scuola.
«Quello è mio fratello e io ho il diritto di sapere cos’è successo e se non me lo dice chiamerò mio padre e verrà lui in persona a farselo dire», minacciò John esasperato.
A queste parole, il signor Alfredo si fermò e girandosi verso i ragazzi disse: «Se proprio lo vuoi sapere, penso di avere trovato un complice del ladro che ha causato l’incendio».
«Che cosa? Ma che va inventando, mio fratello non c’entra niente, è stato tutto il tempo con me e quindi se lei pensa che sia colpevole, anche io sono un complice», replicò John con un risolino sarcastico.
«Se è così, vieni anche tu dal preside», gli propose serafico il bidello, tornando indietro e, aprendo nuovamente il cancelletto, lo invitò ad entrare. John si avvicinò a Laura che aveva assistito in silenzio all’inaspettato episodio e le sussurrò all’orecchio: «Non ti preoccupare, è tutto sotto controllo», e sfiorandole il viso con le labbra si unì al fratello.
La scena che seguì si svolse sotto gli occhi di una Laura impotente: il rumore del cancello che sbatteva, il viso di John sorridente e il volto pallido di Henry dietro ad un impassibile Signor Alfredo che apriva la parata. John si avvicinò ad Henry e sottovoce chiese spiegazioni su quello che era accaduto, ma i suoi tentativi furono immediatamente spenti dal bidello aguzzino che li guidò imperterrito verso la presidenza. Muti e ignari di ciò che li aspettava, i due fratelli s’infilarono all’interno della presidenza senza replicare.
Cecile Caravaglios
To be continued