Muriel – 26 Monsignor Ruggeri

Muriel – 26 Monsignor Ruggeri

Toc … Toc. «Bussano?», sussurrò il preside, drizzandosi immediatamente sullo schienale della poltrona, nella quale si era quasi assopito. «E … chi sarà mai?», si chiese, mentre l’agitazione tornava a salire. Anche Laura si fece mentalmente la stessa domanda, senza spostarsi di un millimetro. «Avanti!», riuscì a pronunciare con un briciolo di autorità il poveruomo.

La porta pian piano si aprì, lasciando passare un piccolo anziano signore, abbigliato con una tunica nera chiusa da una sfilza di bottoni in fila sul davanti ed un colletto bianco. La vita era segnata da una cintura anch’essa rigorosamente nera che, prima di chiudersi in un nodo su un fianco, compiva due giri attorno all’esile tronco oramai ingobbito dalla veneranda età. Il vecchio signore veniva accompagnato da un altro prete sulla mezza età che lo sorreggeva sottobraccio.

«Buongiorno signor Preside, si ricorda di me, sono Don Lorenzo», si presentò il prete più giovane. Gli angeli, quando lo videro, rimasero sbalorditi e Laura… nonostante conoscesse Don Lorenzo rimase nauseata.  Si, questo è il miglior modo di esprimersi di fronte a quelle strane sensazioni oscure che già aveva percepito con l’entrata della Signora Germana.

«Buongiorno padre, si accomodi come sta‘?», disse il preside alzandosi dalla poltrona e continuando ad asciugarsi la fronte da quelle gocce sudorifere che non volevano smettere di affollargli viso.

«Abbastanza bene, grazie. Preside, le presento Monsignor Ruggeri, arciprete della chiesa SS.ma Maria degli Angeli. Ne ha sentito parlare?».

Il preside, nel sentire quel nome, deglutì amaramente, poiché ricordava che qualcuno gli aveva riferito che il quadro era stato dipinto in quella chiesa . Si mostrò il più naturale possibile, ricambiando con calore la stretta di mano offertagli da Ruggeri. Laura e gli angeli rimasero ad assistere frastornati a quella visita informale e al quanto angosciosa per Laura, la quale continuava a percepire delle oscure sensazioni. Fu proprio mentre osservava il monsignor oramai vecchissimo che intravide l’essere orribile al suo fianco. I brividi la pervasero e iniziò a sudare freddo.

«Ciao, ma perché avete quella faccia? Sembra che abbiate visto un mostro!». Quella voce piombata senza preavviso fece trasalire Laura, ma le riscaldò il cuore.«E tu che ci fai qui?», reagì istintivamente la ragazzina, riconoscendo John che si pavoneggiava con aria di vittoria: «ma, ma sei spirito?», continuò squadrandolo dalla testa ai piedi.

«Certo, non potevo mancare a questa riunione di nature incorporee, visto che oramai ne faccio parte a pieno titolo anch’io.  Così, appena mi sono allontanato da qui, ho convinto Henry ad andare nel parco di fronte alla scuola, lì l’ho messo al corrente del mio piano e ho chiamato Camomile, pregandolo di darmi il rametto per una nobile causa: sono uscito dal mio corpo e l’ho lasciato sdraiato sul prato, accanto ad Henry. Adesso sono qua, siete contenti?».

Laura continuava a guardarlo incredula, ma rasserenata dentro; tornò quindi a seguire con attenzione i tre che parlavano, mantenendo il silenzio.

«Ma quello non è don Lorenzo? E che ci fa qui? E quello chi è?», chiese John,  quando anche lui si concentrò su quelle anomali figure sedute di fronte al Preside; ma poiché né gli angeli né Laura lo stavano ad ascoltare, dovette ripiegare su stesso la domanda. Intanto i tre adulti continuavano a conversare.

«A che devo la vostra visita?», chiese il preside sedendosi dietro la scrivania e imponendosi di dominare le impennate dell’ansia.

«Beh! Per dire la verità, io sono solo in veste da accompagnatore, sotto richiesta del Monsignore», rispose serafico don Lorenzo.

«Capisco. Prego Monsignore, allora, mi dica», continuò il preside, con la speranza di mascherare con la gentilezza del tono l’inquietudine procuratagli da quell’abito sacro sì, ma in quel momento poco credibile. Ruggeri, fissandolo dal folto delle sue sopracciglia canute, emise la sua voce, non prima di averla rischiarita un poco: «Volevo solo farle un’umile richiesta che sono certo la lascerà perplesso, ma si tratta di un qualcosa a cui tengo molto, un dono elargito tanto tempo fa alla sua scuola. Le assicuro, preside, che è di grande valore per me», continuò il Monsignore, lisciandosi le vecchie mani rugose.Il preside a quelle parole ebbe un presentimento e, appoggiandosi allo schienale della poltrona,  tornò ad asciugarsi la fronte.

«Scusate, ma non capisco a cosa vi riferite.»

Il Monsignore strinse gli occhi e cercando di spostarsi in avanti sulla sedia riprese: «Non so se lei ne è a conoscenza, ma più di sessanta anni fa io ho donato al preside di questa scuola un quadro molto speciale, in occasione dell’inaugurazione della struttura, tuttavia, devo supporre che, non fu tuttavia gradito, se qualche tempo dopo del dipinto se ne persero le tracce e perfino il ricordo » Il preside rimase di ghiaccio nel sentire questa richiesta, aggrottò le sopracciglia e tra sé e sé, rimuginò su quale importanza poteva avere quel quadro che era così ricercato. Anche i ragazzini e gli angeli si lanciarono un’occhiata interrogativa.

«Ma scusate, non è stato lo stesso Monsignore a consigliare al preside di dividere il quadro e nasconderlo nei sotterranei per arrestare i suoi vari influssi?». John le fece segno di fare silenzio e si pose nuovamente in ascolto.

«Quindi lei vorrebbe di nuovo per sé il quadro, vorrebbe riprendersi il dono fatto più di cinquant’anni fa alla scuola: per quale motivo?».

«Perché mi è stato richiesto, non posso rifiutarmi, ho anche dato la mia parola che l’avrei recuperato».

«E posso sapere chi ha fatto questa richiesta?», osò il preside.

«Posso solo dirle che è una persona molto influente», rispose il vecchietto, improntando un risolino che lo rendeva identico alla figura orribile che appariva e scompariva accanto a lui. «Che ti prende Laura?», le chiese premuroso John.

«Niente è che», e si fermò un istante per un tremito, «da stamattina che c’è qualcosa di strano, non capisco cosa, … ma che fai? ». Laura si ritrovò sulla bocca la mano leggera del ragazzo, che la invitava con gli occhi a girarsi e a chiedersi se entrambi non fossero divenuti in qualche modo percepibili: sembrava infatti che i due signori stessero guardando proprio loro.

«Ha sentito anche lei Monsignore? O, o sto diventando pazzo?», sbottò il preside, mentre il Monsignore annuiva.

«Allora, secondo lei, cosa sono queste voci?».

«Il punto non è di chi siano, ma come mai lei le avverta».

«Co … come scusi, è normale che ci siano?».

«Signor preside, noi siamo circondati da spiriti e questi sniff sniff all’essenza di fiori, uhm, sono chiara traccia della presenza di angeli, in un cocktail di profumi diversi; quindi ci devono essere intorno diversi angeli

e forse altro! Ma torniamo al motivo della mia visita: è importante per me riavere il quadro e per lei fare a meno di qualche guaio». Il preside non ascoltò oltre, non tanto per l’esortazione velatamente minatoria del Monsignore, ma per l’irrinunciabile punto di attrazione costituito dalla parte della stanza da cui aveva sentito provenire delle voci lontane. Laura e John, a ridosso della parete prospiciente, appiattiti come ombre, lo osservavano più sconvolti di lui.

«Non ti spaventare, Laura», intervenne Violet, «il Monsignore è un esorcista, riconosce gli spiriti. È normale che si accorga di noi», continuò l’angelo, lisciandosi le ali.

«Sì, ma dietro di lui c’è il nefasto, che esorcista è? Lui dovrebbe sconfiggere il demonio, non uscirci a braccetto», rispose Laura sbalordita.

Violet la guardò e sorridendo le rispose: «Quale miglior persona da ingannare e abbindolare di un esorcista: più insospettabile è il soggetto, più è facile non essere scoperti e agire indisturbatamente. Ricordatevi, Laura e John, che avete a che fare con il principe dell’inganno e dell’istigazione a fare del male. Sì, è così, non guardatemi in questo modo, il Monsignore è stato ben raggirato, è sotto l’influsso del nefasto che lo gestisce per portare a termine il suo diabolico piano».

John obiettò subito: «Ma, ma scusa: il Monsignore non si accorge di essere manovrato?».

«Tu, quando commetti qualche errore, te ne accorgi? Te ne accorgi dopo che hai sbagliato, se ripensi a quello che hai fatto; volere una cosa a tutti i costi, sentirsi importanti ti annebbiano la mente, ti illudono, ti ingannano e ti fanno cadere». esordì Camomile accennando verso il Monsignore.

«E con che cosa è stato ingannato il Monsignore, da che cosa è stato tentato?», proseguì il ragazzo.

« Sicuramente dalla menzogna e dalla cupidigia di scoprire i doni nascosti nel quadro che nessuno ha mai rilevato. Era un uomo santo il Monsignore, ma l’ambizione di scoprire l’inconoscibile ha mutato il suo animo». Le parole dell’angelo, si facevano sempre più profonde e ricercate, per sottolineare  un tema così alto e delicato. John lo seguiva e, nonostante i discorsi erano al di fuori della sua capacità, sentiva crescere la propria curiosità intorno a quell’ avvincente mistero.

«Ma cosa nasconde questo quadro per davvero?», chiese.li

«Noi angeli non ne abbiamo la più pallida idea: ricordi cos’ha detto Uriel? Solo gli arcangeli lo sanno», rispose Violet scrollando le spalle e le alucce.

«Sss! Ascoltate», li richiamò all’attenzione Camomile.

«Preside, andiamo al dunque, so da fonte sicura che lei si sta adoperando per rimettere insieme le parti del quadro. E le sono vicino, augurandole di riuscirci in tempi brevi: ma quando l’operazione sarà completata mi mandi a chiamare, magari posso farle sapere se è autentico o meno».

«Che vuole dire, mi perdoni?», chiese il preside oramai stanco di quella mattinata così stressogena.

«Che ci sono due versioni del quadro, una vera e una falsa, e solo io so qual è l’originale».

Pronunciando queste parole il Monsignore, tenendosi ai braccioli della poltrona, tentò di alzarsi, ma al primo sforzo barcollò. Don Lorenzo, immediatamente, gli porse il braccio, a cui l’anziano prete si aggrappò con la poca forza rimastagli, rimettendosi in piedi nonostante la fatica a restarci.

«Bene preside, noi togliamo il disturbo, ma ci rivedremo presto», si congedò il Monsignore, abbozzando lo stesso sorriso indecifrabile fatto poco prima.

«Certo, a presto», confermò il preside perplesso, accompagnandoli con lo sguardo fino all’uscio. Qui il vecchio Monsignore non poté fare a meno di soffermarsi, annusare l’aria, sorridere e dire a voce alta: «A presto spiriti floreali», e trascinando i passi in avanti aspettò che don Lorenzo chiudesse la porta, lasciando il preside con gli occhi puntati verso “lo spazio profumato” e il cuore al galoppo. Imbalsamato in quell’angolo, non riusciva a muoversi, infine tentò  di interpellare le voci invisibili, i fiori dell’aria.

«Ehm! Buongiorno spiriti floreali. Si … siete ancora lì?».

Gli angeli rimasero di stucco e sorridendo si guardarono tra loro, contenti di essere stati notati anche da un adulto, mentre Laura e John iniziarono a ridere della comicità della situazione con una risata così coinvolgente da contagiare gli angeli. Anche il preside percepì il giro di sonora ilarità, solo che per lui questo fu un invito ad affrettarsi ad uscire dalla stanza, senza girarsi indietro. I ragazzi seguirono la scena del preside in fuga divertendosi fino alle lacrime, ma Camomille  e Violet si sentirono a disagio e poco rispettosi nei confronti di quell’evento, piuttosto raro, di essere percepiti da un adulto e con tono di rimprovero li ammonirono: «Ora basta ridere, abbiamo molto da fare e visto che siamo soli cerchiamo di tirare le somme di tutti questi fatti».

«Che ti ha preso Camomile?», disse John asciugandosi gli occhi umidi.

«Dobbiamo procedere con la nostra missione, senza perdere tempo: e non ci possiamo fermare a ridere e a fare spaventare la gente!».

I ragazzi si guardarono tra di loro non riuscendo a capire il cambiamento repentino degli angeli, ma il richiamo che Camomille effettuò, li portò a ricomporsi giusto in tempo per accogliere l’Arcangelo san Raffaele che con tutta la sua magnificenza apparve all’improvviso, investendo tutta la stanza di una luce accecante.

«Salve a tutti. Scusate l’intrusione, ma visto che l’argomento necessitava di risposte, ho fatto un salto illuminante fra voi. Purtroppo sono qui anche per richiamarvi. Oggi è accaduta una cosa meravigliosa, un adulto ha percepito la presenza angelica e ciò è una rarità.  Per contro voi, invece di gioire e di instaurare un semicontatto, l’avete fatto spaventare e vi siete divertiti alle sue spalle. Spero che la cosa non si ripeta più, altrimenti sarò costretto a ritirare il ramoscello di cristallo donato a te John», disse serio Raffaele, facendo abbassare lo sguardo al ragazzo. «Mi dispiace non volevo, forse non sono pronto per una missione così speciale. Scusami, sono stato uno sciocco», provò a scusarsi John.

«Aspetta! Raffaele, la colpa è mia. Se John ha sbagliato, sono stato io a cedergli con tanta facilità il ramoscello oggi pomeriggio … e non ho neanche tentato di prepararlo agli eventi», intervenne Camomile in difesa del suo protetto.

«Se è così, Camomile, hai sbagliato, e comunque il comportamento del tuo protetto non è giustificato lo stesso»; poi rivolgendosi al ragazzo aggiunse con fermezza: «John, tu oramai fai parte del gruppo operativo a tutti gli effetti e ti devi saper prendere le tue responsabilità, senza scherzarci su; dovete cercare di capire che il gioco si fa serio, siamo arrivati al compimento della prima parte della missione e qui la battaglia si fa dura. Purtroppo il nemico ha capito le nostre intenzioni e si sta dando da fare per remare contro. Pertanto dobbiamo collaborare, anche per affrontare gli ostacoli ».

«Quindi il Monsignore è stato stordito dal nemico che lo manovra per rimettere insieme le tele false … giusto?!», provò a dimostrare nuova consapevolezza del proprio ruolo John.

«Sì, sosteniamo di sì», asserì l’arcangelo.

«Ma ora, dov’è la tela e noi come facciamo a riconoscere quella autentica da quella falsa», chiese Laura preoccupata.

«Beh è facile, voi siete a conoscenza di ciò che è rappresentato nel quadro, quindi, se state attenti alle tele e scartate quelle che rappresentano scene un po’ ambigue o imprecise, siete sulla strada giusta. Per il resto, sapete bene che non vi posso dire più niente, quindi rimettetevi all’opera, dritti all’obiettivo. Ricordatevi che siete supervisionati!».

«Un’ultima domanda, arcangelo Raffaele».

«Dimmi Laura».

«Ma che ruolo ha in tutto questo don Lorenzo?».

«Rasserenati, lui non è compromesso con il nemico, è solo riguardoso e devoto nei confronti del Monsignore: operano nella stessa congregazione e, soprattutto, il caro don Lorenzo custodisce le foto che il Monsignore gli ha affidato », rispose l’Arcangelo schiacciandole l’occhio.

«Ma … ma allora è al corrente della situazione», rilanciò Laura.

«Non so, forse sì, forse no! Ora scusate, ma devo andare», e con un inchino scomparve dalla vista dei ragazzi, che si guardarono l’un l’altro e, pensierosi, rimasero in silenzio per un po’, insieme agli angeli. Fu Laura a ridestarli, facendo notare loro che era passato molto tempo, e soprattutto ricordandosi di avere lasciato il proprio corpo addormentato su una panchina del parco della scuola. Si dileguò all’istante dalla presidenza e si ritrovò a vedersi sdraiata sulla panchina, attorniata da Andrea, Carletto, Elisa ed Enrico suo cugino, ma anche altri ragazzini che forse neanche conosceva. All’istante rientrò nel suo corpo e si svegliò fra lo stupore di tutti, tranne di Andrea e Carletto che l’accolsero con sorrisi e ammiccamenti di rimprovero.

«Buongiorno Laura, stamattina avevi un po’ di sonno, eh!», la salutò Carletto con le braccia conserte e gli occhi sorridenti.

«Buongiorno … ehm … credo di essermi addormentata mentre aspettavo John ed Henry che uscivano dalla presidenza».

«Eccoci qua!», urlò Henry per sé a per John, dopo una gran corsa.

«Tempismo perfetto», osservò ironicamente Andrea.

«Sempre spiritosa, Andrea. Abbiamo fatto un po’ tardi, ma è tutto a posto, non vi dovete preoccupare per noi, il preside non ha creduto al signor Alfredo, quindi siamo scagionati da ogni accusa!», rispose Henry riprendendo fiato; notando che i presenti lo guardavano come se avesse detto delle assurdità, aggiunse: «Ma non aspettavate nostre notizie?».

«Veramente no e non sappiamo neanche di che parli», disse una ragazzina passandogli accanto e allontanandosi.

«Ah no?!», esclamò deluso Henry, guardando anche gli altri ragazzi andarsene; solo Enrico si soffermò e fissandolo gli chiese: «Ma di che stai parlando?».

«Niente, niente e io che pensavo che tutti fossero preoccupati per me», brontolò sedendosi accanto a Laura rannuvolato. I ragazzi si guardarono con complicità e in un attimo lo coprirono di abbracci e coccole.

«Oh! Il mio amico Henry», cominciò Carletto sdolcinato, sfiorandogli lo zigomo con un pugnetto.

«Sì amico mio, ho vissuto una mattina d’inferno a pensare che cosa ti fosse successo. Poi mi racconterai tutto, vero?», aggiunse Andrea, abbracciandoselo stretto. Anche Laura e John contribuirono a strapazzarlo, tra le risate di tutti.

Solo Enrico li guardava sbigottito: «Ma siete tutti pazzi?!», e andò via infastidito.

Cecile Caravaglios

To be continued

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