Niente come te
Si capiva che era la sala di un cinema, perché sul limine di quella che doveva essere l’uscita, ma non era detto che fosse anche l’entrata, una mamma e una bambina dagli occhi neri riferivano, ad un’intervistatrice astrale, di aver visto ben tre film, ma senza dare segni di spossatezza da visione, sei ore passate come il tempo di una coda al supermercato. Sì, il fare e il risultato erano quelli.
E ora via, a cucinare, sembrava dire quella stretta di mano intergenerazionale, tra una figura alta ed una più piccola col busto in slancio aerodinamico verso il fuori. Dello schermo grande, ma non del tutto cinematografico, restava il primo piano avvicendato di uno stesso attore, meno somigliante a se stesso ad ogni cambio immagine. Parole attutite animavano pacatamente il susseguirsi di quei volti in chiaroscuro.
Non c’era pubblico e, attorno a quell’ingresso introspettivo , un’onda dorata di dune si disperdeva lontano, dove i ricordi diventavano i sentieri dei ritorni. Niente come te traluceva dal suo sguardo, confidando le parole mai dette dagli occhi scuri incontrati fuori tempo.