La foto del liceo

La foto del liceo

Eravamo accese, con gli occhi brillanti, i capelli cespugliosi e la voglia di ridere del mondo e i suoi riti. Ridevamo di tutto: della prof. di Filosofia che intercalava “diciamo” mentre spiegava e descriveva “Il discobolo di Mirone” pronunciando “atileta” invece di “atleta” ; della prof. di Storia dell’Arte che affermava: “Il volontariato è volgare!”; della severità immotivata della prof.  di Matematica che quotidianamente mieteva vittime ed io ero quella designata! Di pettegolezzi vari riguardanti storie di amori contesi o antipatie adolescenziali.

La classe era luminosa e le finestre davano su un cortile dove un giorno due malcapitati fidanzatini furono rinfrescati da Marina e Floriana che, durante la ricreazione,  riversarono sulle loro teste un sacchetto svuotato di patatine e riempito d’acqua.

Erano gli anni Ottanta e la città risentiva ancora di un certo benessere economico, il commercio era vivace e l’apparire giocava un ruolo significativo, quindi noi ragazze guardavamo con golosa ingordigia marche e stili d’abbigliamento che comunque in pochi si permettevano, per disponibilità o per credo. Alcune sfoggiavano firme con la vanità esuberante dell’adolescenza, altre guardavano con rassegnazione, ma ognuna in modo diverso e personale cercava di evidenziare il meglio riferendosi allo stile in voga. Erano gli anni dei “paninari”, del consumismo, delle calze Burlinghton a rombi colorati che spuntavano sotto i jeans svoltati, di Bla Bla, della Vespa PK, delle comitive che si affollavano sui marciapiedi dei bar a Mondello. Anni in cui la “Palermo bene” curava ancora molto l’apparire, perché quello che diceva la gente era importante e poteva limitare o favorire certe scelte, anche della vita privata.

Poi gli esami di maturità ci consegnarono al mondo e alla vita, dovemmo scegliere, prevedere, immaginare un futuro del quale non avevamo e non potevamo avere la più pallida idea. Gli anni galopparono incessantemente, alcune di noi si appassionarono agli studi universitari, altre li rallentarono per far spazio a qualche evento inatteso o voluto, come un bel fiocco rosa; altre trovarono maggiore motivazione nel lavoro o in altre opportunità che via via si erano presentate, ma ci perdemmo di vista e di tanto in tanto arrivava qualche notizia sbiadita di accadimenti felici o tristi. La vita, come un gomitolo di lana tirato per un lembo, si è srotolata e rivelata, ha annunciato sovente addii o arrivederci dolorosi, ma ha anche elargito bei sorrisi di bimbi e soddisfazioni lavorative, incontri importanti e giorni di sole accecante. Abbiamo perduto e trovato affetti, alcune hanno sperimentato l’esilio lavorativo che questa terra ormai risparmia a pochi, molte sono salite in cattedra, alcune hanno scoperto  la maternità,  anche tardiva, condita di notti insonni e innumerevoli sacrifici di madri multitasking! Alcune hanno dimostrato di possedere forza e coraggio e sono riuscite a prendere in mano magistralmente la propria vita sferzata da venti violenti e ineluttabili e hanno fatto vincere il buon senso e la capacità di resistere all’urto, sebbene con enormi sforzi.

Ma soprattutto,  poco alla volta, ci siamo ritrovate! Oggi come ieri, con qualche tinta in più sui capelli, un po’ di crema per sistemare le rughe del contorno occhi, un paio di jeans giovanili e tanta, tanta, voglia di ridere; tirando fuori le ragazzine che ancora ci sentiamo, con qualche cicatrice, mille impegni, qualche insofferenza, ma col gusto di ridere insieme col “sivo” mai archiviato dei sedici anni, oggi più consapevole e lucido di ieri. Noi, le ragazze del 72’, osserviamo con tenerezza la fotografia del viaggio d’istruzione in Costa Azzurra, tutte col cappellino rosso in testa sul ciglio di una scala  che cantiamo: “ Ciao mamma, guarda come mi diverto!”

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Alessia Machì

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