Pesce d’aprile

Pesce d’aprile

La matematica non sarà mai il mio mestiere! Lo gridava Venditti in una famosa canzone dedicata agli esami di maturità o di stato, come si chiamano oggi. Resta il fatto che il numero non mi ha mai attratta, sarà una condizione genetica o il fatto che l’insegnante di matematica resta sempre morbosamente legato alla lavagna dando le spalle alla classe, diversamente da quello d’Italiano che trasuda convinzione, mentre recita versi, guardando gli alunni ed esponendo  le sue personali convinzioni e veritieri pensieri; oppure sarà una mia naturale predisposizione che mi induce, quando vedo o sento uno o più numeri, a fuggire con la mente il più lontano possibile vagheggiando momenti ludici, montagne verdi, viaggi, incontri amorosi, feste in maschera, travestimenti e… scherzi!! Dichiaro solennemente che, negli anni del liceo, ho trascorso l’ottanta per cento del tempo che avrei dovuto dedicare allo studio delle materie scientifiche, ad orchestrare scherzi di ogni tipo, grado, intensità, molteplicità di destinatari, con o senza collaboratori. Nelle ore pomeridiane, chiusa nella mia stanza con qualche compagna, mentre mia madre preparava litri di tè e vassoi di biscotti per alleviare i nostri sforzi, con il compianto telefono di casa, ho inviato quintali di merce e… non solo.

Erano gli anni in cui la fantasia poteva galoppare libera, svincolata da smartphone e tablet, non esisteva il “chi è” e i negozianti usavano fare regolarmente il domicilio alle persone del quartiere i cui cognomi si ripetevano sempre uguali. Pertanto, mi rivolgevo al macellaio, fioraio, salumiere, pescivendolo, panettiere, più vicino possibile al civico di qualche amico, fidanzato, amica e facevo recapitare a casa del poverino enormi quantità di spesa; ma non credo di essere stata la sola, infatti un mio cugino ha confessato di aver inviato ad un amico studente del primo anno di Medicina, un lettino ginecologico, acquistato ovviamente, a sue spese! Ma il momento più divertente era quando l’amico Arturo si prestava a fingere di essere il ragazzo della “riffa” di Piazza Bologni e dichiarava il suo amore per una mia amica storica, della quale non faccio il nome, e al telefono le urlava: “Mi riconosci? Quarantasieeeeeetttte! Dai esci con me, mi faccio prestare la macchina da mio patreeeee! Lei terrorizzata si agitava e iniziava a balbettare chiamando in aiuto i parenti per liberarsi del disturbatore telefonico. Dopo qualche tempo il disturbatore si riproponeva variando un poco il suo repertorio ma invitandola nuovamente ad uscire con la macchina del padre, una Fiat 127!

Altre volte riuscivo a coinvolgere qualche adulto consenziente e predisponevo siparietti davvero avvincenti, uno indimenticabile fu quello organizzato per un convinto professionista che ostentava moralismo, carità cristiana e buon senso. Al maturo signore pervenne una telefonata in cui una sprovveduta, semianalfabeta e giovane signora, riconoscendo i suoi meriti di saggio padre di famiglia e profondo conoscitore di diritto oltre che di vizi e virtù degli uomini, chiedeva di aiutarla a scoprire i tradimenti del marito. Il panciuto avvocato, compresa la richiesta scomoda, cominciò ad arrampicarsi sugli specchi per evitare qualsiasi coinvolgimento nella insidiosa vicenda, ma la signora continuava ad implorare aiuto, finché con un giro di parole ed un calendario densissimo di impegni riuscì a scaricare la poveretta, dicendole di rivolgersi al vicesindaco!! Oggi, pur volendo, non è più tanto agevole organizzare uno scherzo, l’occhio del Grande fratello, sa tutto di noi, dove andiamo, chi sentiamo, cosa facciamo. Siamo perseguitati! Dubito che la fantasia subirà una frenata, perché sono convinta che cambiano le modalità operative ma l’uomo resta sempre uguale a se stesso. Certo, è tutto più faticoso e complesso, ma se dovessi studiare matematica, troverei il modo di fregare il sistema e divertirmi per un paio d’ore.

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Alessia Machì

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