Muriel – 2 La dubbia identità della cometa di Halley
Quarto d’Altino, due settimane prima |
Gli sguardi stavano fissi al cielo punteggiato di stelle, mentre l’aria fredda velava di gelo il paesaggio intorno, dando a quella notte, in apparenza ordinaria, un non so che di magico. La volta di stelle, dipinta di un indaco insolito, evocava il palcoscenico di un prodigioso teatro. Uno spettacolo, diligentemente allestito per l’adempimento di un antico mistero custodito nello scrigno dell’universo. Cinque ragazzi, rannicchiati sul prato l’uno accanto all’altro, si erano rifugiati nei loro piumini e, avvolti da sciarpe e cappelli, lasciavano scoperti solo gli occhi. Qualcosa di inspiegabile aleggiava nell’aria, qualcosa, che era stato atteso nei secoli e finalmente arrivato a destinazione. Qualcuno aveva aperto lo scrigno, aggiungendo un bagliore al firmamento.
«Guardate!», esclamò Laura indicando una scia luminosa che solcava il cielo.
«Wow! Ma è meravigliosa!», esordì Carletto!
«Io direi fantomatica!», si unì la piccola Andrea, attirando su di sé gli sguardi degli altri. «È inutile che mi guardate così! È una parola che ho imparato oggi a scuola, significa fantastico!», e con aria di superiorità si alzò in piedi scostandosi un poco.
«Anch’io sono colpito da tanta fantomatica bellezza», disse scherzando Henry e, con la mano sul cuore, recitò con tono solenne: «Fratello, va’, avvicinati all’occhio rapace del ciclope e verifica da professionista, quale sei tu, se tale luce che mi inebria la mente è la cometa di Halley che aspettiamo da tempo o solo lo spettacolare effetto di un’esplosione stellare, di cui noi siamo e saremo testimoni!». I visi attoniti degli amici fecero rendere conto ad Henry di avere esagerato con il proprio discorso e gli fecero fare marcia indietro: «Volevo dare un tocco di leggenda al telescopio: specifico per chi è un po’ lento a capire le mie profonde metafore».
«Fratello, sei un poeta», rispose John, alzandosi in piedi per raggiungere il telescopio disposto alle loro spalle.
«Sei fuori strada, Henry! La cometa di Halley transitava nella nostra galassia la settimana scorsa», intervenne Andrea, prendendo in giro l’amico.
«Ah, sì? E allora, la fantastica luce che abbiamo appena visto che cos’era?», replicò un po’ infastidito il ragazzo.
«Sinceramente a me non sembra per niente una cometa», si intromise John. «Le comete vanno più lentamente di quell’astro lassù e poi non hanno quella luce così forte».
«È vero, era una luce meravigliosa, mai visto niente del genere!», commentò Laura con il naso all’insù.
«Già, strana. Anche secondo me non è una cometa», sottolineò Carletto.
«Tu dici?», considerò la sua osservazione Laura.
«Già», si sentì soddisfatto il piccolo, adagiando il capo sulla spalla dell’amica.
«Sì, in ogni caso, sapete bene che la cometa di Halley è famosa per il suo bagliore unico», riprese Henry, cercando di tornare sulla propria idea.
«Guardate un po’ qua!», li interruppe Andrea, che nel frattempo aveva preso dallo zaino e disteso sul prato la mappa stellare, per dimostrare la propria ipotesi. «Secondo me stasera è proprio qui che dobbiamo puntare il nostro telescopio, sono sicura che scopriremo qualcosa di interessante», disse indicando un punto specifico della Via Lattea, un po’ più a Nord della costellazione dell’Orsa Maggiore. Ma gli amici non l’ ascoltavano, rapiti com’erano da quella luce brillante, e quindi non le rimase che immergersi ad osservare insieme a loro la bellezza dell’universo.
I ragazzi affascinati dalla stella erano soliti riunirsi, come quella sera, presso il rigoglioso parco che cingeva le loro case, che nell’insieme costituivano il Villaggio del vecchio olmo, così chiamato per la presenza maestosa di un olmo secolare che risiedeva all’interno della ricca vegetazione. Il confine esterno delle villette era segnato da una cancellata, che confondeva il verde della propria vernice con quella delle foglie copiose e lussureggianti di salici, pini ed abeti del parco, che rendevano suggestivo quel luogo, quasi mistico. Come tuffati in quel verde da luoghi diversi e distanti della terra, i ragazzi erano diventati a poco a poco amici, fondando un gruppo dal nome “gli avventurieri delle esperienze extra-reali”, l’ideale per scambiarsi racconti ed emozioni o ideare qualcosa di nuovo, lontano dal controllo dei grandi. Laura Loreto, la piccola leader, aveva dodici anni e grandi occhi verdi che contrastavano con i capelli neri. Una bambina buona, dall’intelligenza vivace e acuta. Viveva da sola con il papà Paolo, poiché la mamma non c’era più.
John ed Henry Scott, neanche a dirlo, erano d’origine scozzese. John, 15 anni, più alto del fratello, dal carattere serioso, era biondo con gli occhi scuri; Henry, 13 anni, allegro e solare, fulvo e sguardo chiaro come la madre, donna energica e molto assorbita dal lavoro in banca. I fratelli, diversi non solo per aspetto ma anche per temperamento, erano tuttavia molto affiatati, amanti dello sport e facevano parte della squadra di basket della scuola. E ancora. Carletto e Andrea Ferruccini si assomigliavano solo per la corporatura esile e i lineamenti delicati. Carletto, con i suoi otto anni, il piccolo della famiglia, proveniente dal Piemonte, era dolcissimo, riflessivo ed altruista; carnagione ambrata, capelli castano chiaro e occhi verde scuro lo differenziavano dalla sorella più grande di lui, Andrea, dieci anni, occhi di velluto nero e setosi capelli scuri. Aveva il suo caratterino, diffidente, ostinata, ribelle.
La sera per i cinque dell’olmo ritrovarsi ad osservare le stelle era un modo speciale per stare insieme: erano tutti appassionati di astronomia, per rapido contagio dei due Scott, che avevano ereditato dal padre questa passione.
Nel frattempo,
parallelamente …
… non distanti da loro … altre Entità si adoperavano incessanti,
… le ali si muovevano piano, impercettibili nel loro spostamento, lo spirito si librava nell’aria oscura della notte … .
Miriadi di creature incorporee vagavano in incognito. Da sempre sorvolavano l’universo al servizio della Terra.
Con discrezione, nell’invisibilità più assoluta, ogni essenza angelica assolveva ad un compito assegnatole nella notte dei tempi …
… certuni si occupavano degli astri del cielo e della loro luminosità …
… altri garantivano i colori dell’universo …
… altri ancora tutelavano le piante e gli animali …
C’era chi proteggeva il mare, chi sorvegliava le varie nazioni, chi vigilava le città …
… e chi si prendeva cura di ogni singolo uomo.
C’era qualcuno, dall’Alto, anche per i cinque dell’olmo. Predisposti in quella possibilità infinita di riverberi spirituali che sorvolavano la Terra, cinque piccoli angeli cercavano di farsi notare dai loro affidati sul pianeta. Bellissimi e simili, avevano ciascuno il nome di un fiore, quello di cui spargevano la profumata essenza al loro passaggio. Di viola, gelsomino, lavanda, rosa, camomilla. I cinque angioletti brillavano più che potevano, per azione dell’amore di cui erano fatti, e quella sera si erano dati molto da fare per attirare l’attenzione di Laura, John, Henry, Andrea e Carletto.
«Violet, ma secondo te ci hanno notato o dobbiamo cercare di abbagliarli ancora. Io non ci sto capendo più niente!», chiese Jasmine, spostandosi nell’aria come se si stesse dondolando su un’altalena.
«Statti un po’ fermo, per favore, mi gira la testa», rispose Violet, accostandosi di più ai ragazzini.
«Secondo me dovremmo mandare altri bagliori per cercare di catturare il loro interesse, anche se sono sicuro che il piccoletto ci ha riconosciuto: riproviamo!».
Violet, con un giro velocissimo su se stesso, inondò il cielo di uno spettacolare gioco di colori.
«Oh! Ma è bellissimo!».
«Questa volta Violet sei stato bravissimo!».
«Wow!».
«Che forte!», esclamarono un po’ per uno gli altri angeli con i visi colmi di ammirazione e, felici, approntarono un piccolo applauso che risuonò per tutto il cielo.
«Grazie, grazie!», gradì Violet e inchinandosi, «Guardate là! I prescelti stanno andando … », esclamò con la voce smorzata e il dito puntato verso le villette dei ragazzi.
«Forse, nonostante abbiano notato la luce, non riescono ancora a percepire la nostra presenza: adesso si sono stancati e stanno andando a dormire», osservò desolato Roselin.
«Bando alle chiacchiere, qui bisogna prendere una bella iniziativa e cercare d’avvicinarci direttamente ai piccoli e … » esclamò risoluto Camomille.
« E che cosa?», lo incalzò Lavander.
« … e fammi finire! Dov’ero arrivato … Giusto! In modo da attirare la loro attenzione sul nostro mondo!», affermò Violet.
«Perché fino ad ora che abbiamo fatto?», sottolineò stupito Jasmine, guardando con una smorfia interrogativa il compagno, che continuava a emanare una luce sempre più intensa.
«Già, che abbiamo fatto!?», rispose Violet con il viso acceso dalla luce.
Immersi nei loro vivaci ragionamenti, gli angeli continuarono a chiacchierare imperterriti, senza allontanarsi dai loro protetti, che ormai si stavano addormentando nelle loro stanzette, inconsapevoli di essere vegliati dai loro angeli custodi.
Cecile Caravaglios
to be continued
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