Gatto Birillo

Gatto Birillo

Nella mia carriera di gattara ho visto di tutto. Un pomeriggio di maggio,
mentre vagavo per la città in cerca di un regalo per il compleanno di mio
padre, incontrai un minuscolo gatto abbandonato in uno scatolo di
cartone, era bianco e nero con due occhi verde smeraldo e il pelo
semilungo. Non ebbi esitazioni, lo presi e basta. Fu il gatto della mia vita!
Ci capivamo al volo, era goloso e ladro, una volta si intrufolò attraverso le
scalette di una persiana per rubare un chilo di tritato, dopo averlo
divorato, dormì per sei ore. Era sempre alla ricerca di cibo e
sperimentava metodi sorprendenti per aggirare tutti gli ostacoli e
accaparrarsi carne o pollo. Non ebbi il coraggio di sterilizzarlo e lui
cedette alle lusinghe dell’amore trasferendosi in una villa di Viale delle
Palme dove dimorava la bella Priscilla, una gatta persiana con gli occhi
d’ambra che gli rapì il cuore. Ogni due settimane, però, affrontando il
pericolo del viale Regina Margherita, tornava nottetempo a casa,
miagolava ininterrottamente dietro l’apertura della mia stanza da letto,
finché non gli aprivo e restava per qualche giorno facendo scorpacciate di
coccole e scatolette. Andammo avanti con queste modalità per due anni,
nel frattempo Priscilla aveva generato un gattino identico a Birillo che la
mia consuocera chiamò Pasticcino.
Ma i pericoli della strada e la disattenzione di qualche incauto
automobilista colpirono Birillo e solo l’impegno del nostro fidato
veterinario Giampiero riuscì a restituirmi mezzo gatto, con molto
scetticismo circa la prosecuzione della sua vita. Birillo tornò a casa, era
ormai invalido, aveva tre zampe, la vescica mal funzionante e una faccia malconcia e impaurita. Fu accolto con tutte le attenzioni che meritava, riprese peso e fiducia nella vita. Ricominciò a muoversi, anche in modo spedito, ma fu molto cauto e guardingo, eliminò tutte le possibili fonti di pericolo, circoscrisse i suoi percorsi e ridimensionò le proprie visite fuori porta. Sapeva dove fermarsi e cosa evitare, limitò pure la sua ingordigia
alimentare restando meno pesante e più agile. Io lo osservavo sorpresa
riflettendo sulle infinite risorse degli esseri viventi, dell’istinto che
soppesando le possibilità si adegua alle circostanze.

Nella nuova condizione di vita che sto affrontando, ho ripensato a Birillo
alla sua sorprendente capacità di comprendere il limite e la necessità.
Anche i detenuti mi hanno dato la stessa lezione, messa da parte la libertà
e la vita di un tempo lasciato alle spalle, i più reattivi riorganizzano il
proprio tempo e il proprio spazio traendo beneficio da nuove dimensioni
e attività. La lezione è sempre la stessa: prendi atto della situazione,
adattati e riorganizzati, solo così puoi sorridere delle beffe della sorte.
Tanto, poi, comunque, continueremo a lanciare i dadi sul tappeto verde
della vita col batticuore e gli occhi lucidi di emozione, come la ginestra
travolta dalla lava che si ripresenta sempre accecante di vitalità e forza.

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Alessia Machì

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