Muriel – 21 La mappa della scuola

Muriel – 21 La mappa della scuola

Laura era contenta di essere finalmente all’aria aperta, aveva trascorso tutto il pomeriggio chiusa nella sua cameretta sbirciando ogni tanto dalla finestra, con il desiderio di potersi trastullare sotto i raggi di quel sole primaverile. Attraversò il vialetto di casa sua, e sorrise al tramonto che si dilettava con i suoi mille colori, tra i rami degli alberi. Adorava la natura e prediligeva i luoghi verdeggianti, quella era la sua dimensione ideale, era convinta che nessun architetto al mondo sarebbe stato capace di creare qualcosa di bello quanto gli alberi, le foglie e i ricami che questi realizzavano con i loro intrecci, era ammaliata da loro poiché le trasmettevano una immensa serenità. Sedotta dalla bellezza del parco, camminava ascoltando i propri passi sprofondare nell’erba. Il profumo dei fiori invadeva l’aria confondendosi con quello frizzante emanato dagli abeti e dai pini. Inebriata, arrivò in prossimità del salice, alzò gli occhi e sotto la chioma fluente dell’albero, vide avvolto nel suo giaccone giallo ocra John le sorrideva con gli occhi scintillanti. Laura, alla sua vista, ebbe un piccolo tuffo al cuore e accelerando il passo, gli corse incontro fermandosi a pochi passi da lui, John le si avvicinò e dolcemente la tirò a sé per stringerla in un abbraccio, per un attimo rimasero sospesi tra cielo e terra, lei che annaspava fra le emozioni, lui felice.

«Dove sei stata stamattina! Ti ho cercata dappertutto a scuola, ma non ti ho visto. Ti ho aspettato invano all’uscita insieme ad Henry, ma poi sono dovuto andare via, perché mio padre ci aspettava», le sussurrò John, separandosi da lei quel tanto che bastava per guardarla in viso.

Certo vista così, con i capelli scompigliati da un soffio di vento, le gote rosse per il freddo e gli occhi verde smeraldo era bellissima: John ebbe un fremito e sciogliendosi dall’abbraccio, la prese per mano e con un cenno la invitò a sedersi ai piedi del salice.

«Non mi ricordare gli eventi di stamani, è stato angosciante!», cominciò a dire Laura, accovacciandosi accanto all’amico. «Mi sono svegliata con il pensiero fisso alla mappa della scuola e a come poterla recuperare dal POF. Ho chiesto consiglio a Violet, che aveva già programmato un piano a dir poco assurdo e infatti ha fatto cilecca. Ma perché ridi?», chiese Laura abbozzando anche lei un sorriso.

«Scusami, ma so tutto, Henry mi ha già messo al corrente, anzi, per dir la verità, Lavander», rispose John, cercando di soffocare la risata.

«Bene, che ne pensi? Non è stato un piano avventato?».

«Oh, assolutamente no, è stata un’ottima idea, il nostro amico è solo stato sfortunato, ma per il resto, il piano era geniale», ribadì John, appoggiando la testa al tronco dell’albero e immergendosi nei riflessi dell’ultimo spicchio di sole.

Laura lo osservò incredula, non poteva accettare che il piano di Violet potesse essere apprezzato da qualcuno e ancor di più da John, con cui abitudinariamente navigava sulla stessa onda. Lo squadrò infastidita e si voltò dalla parte opposta.

 «Dai, Laura, non prendertela se il piano di Violet non è andato in porto, tanto il POF non serve più», cercò di rimediare John a quell’atmosfera guastatasi per un nulla.

«Che vuoi dire?», esclamò Laura, girandosi di scatto verso di lui. «Beh! Solo che oggi ci ho pensato io a prendere la pianta della scuola», la rassicurò spavaldo John, spostandole la ciocca di capelli piovutale sul mento.

«Che dici? Hai la piantina della scuola?».

«Non mi urlare nell‘orecchio! Sì hai capito bene, stamani sono riuscito a portarla via e spero bene che non mi scoprano!», rispose John, proteggendosi l’orecchio sinistro con la mano.

«Scusami, ma non riesco a capire come hai fatto».

«Diciamo che l’ho rubata, anzi presa in prestito in bidelleria: l’ho vista sul tavolo e la mia mano è volata sopra quel foglio, senza che me ne accorgessi». Laura lo guardava sempre più contrariata. «Tu hai rubato la piantina?»

«No, no, solo presa in prestito, domani la riconsegno».

«Se lo sapesse Lavander, o ancor più l’arcangelo Raffaele, che figura ci faremmo?». John guardò timidamente l’amica e le disse più delicatamente che poteva:«Veramente è stato proprio san Raffaele a portarmi in bidelle ria e a mettermi la pianta in tasca», disse John tossendo nervosamente.

«Veramente è stato proprio Raffaele a portarmi in bidelleria e a mettermi la pianta in tasca».

«Cosa? L’arcangelo Raffaele ti ha istigato a rubare, non ci posso credere, ma siete diventati tutti matti?»

«Ma no, ti dico che domani la restituisco».

«E se ti scoprono mentre la consegni?».

«Ma perché non sei positiva, ogni tanto!».

«Io positiva?! E tu perché non sei un po’ più onesto?».

«Ragazzi basta, un po’ di contegno!», suggerì soavemente Raffaele, comparso all’improvviso con la sua onda luminescente.«Oh guarda, angelus in fabula. Proprio tu parli di ritegno, tu che hai fatto trafugare la piantina a John», affermò stizzita Laura senza mezzi termini.

«Senti bimba mia, calmati io non ho fatto trafugare niente, la pianta della scuola è di tutti, ad uso di tutti».

«Ah sì! E allora perché John l’ha presa in prestito di nascosto».

 «Perché in casi urgenti come il nostro, c’è un regolamento chiaro: rubare la battuta al nemico!», rispose serafico Raffaele strizzando l’occhio a John. Laura non sapeva più che dire, era completamente spiazzata, appoggiò la testa al tronco e sospirò rassegnata: «Va bene, avete vinto voi. Se poi c’è di mezzo un arcangelo, certo io non ho proprio niente da rimproverare, giusto? Comunque, posso vedere questa piantina?», concluse lanciando uno sguardo eloquente a Raffaele che ricambiò con un sorriso. «Certo», rispose John felice, e aprendo leggermente la cerniera del piumino, ne tirò fuori un foglio ripiegato. Lo aprì delicatamente e lo mostrò a Laura che prendendone un lembo esterno la esaminò da vicino seguendone i vari tratti con il dito.Lo con cautela e lo consegnò a Laura, che subito lo osservò con attenzione: «Oh! Ma è riportato proprio tutto l’istituto, ci sono anche i cancelli, i quattro edifici … e guarda i vari piani e … ».

«E già, tutti gli scantinati e anche tutti i vari sgabuzzini, non è

una meraviglia?», disse John fiero di sé, guardando Laura con la coda dell’occhio.

«Hai fatto la fotocopia? Questa non si può restituire, è troppo preziosa», disse inquieta Laura.

«Certo, questa è la fotocopia, l’originale è già nello zaino e domani, per prima cosa, la riconsegnerò», disse John, guardando Raffaele che lo rassicurò subito: «Garantito ragazzo mio, ogni cosa al posto giusto».

«Bene Laura, guarda qui, questi sono gli scantinati del padiglione dell’arcangelo Uriel, secondo quello che mi ha detto Lavander; alcuni sono stati già esaminati dalla vera signora Germana oggi. Lavander è convinto che domani riprenderà le ricerche in quella sezione, quindi noi forse potremmo spostarci nei sotterranei della scuola primaria. Che ne pensi?», propose John indicando l’edificio posto nella parte sinistra della pianta, in prossimità dell’entrata principale.

«Va bene, ma come facciamo? Dovremmo coinvolgere Carletto e Andrea, sono gli unici che possono girare indisturbati all’interno di questo padiglione», rispose Laura titubante. «Sì, è l’unica cosa da fare, forse è meglio informare tutti delle novità e mettere su un piano, che ne dite?», approntò John sorridendo.

«Sì, ma non come quello di Violet!», raccomandò prevenuta Laura.  

«Va bene, lo organizzeremo a puntino. Ma ora rientrate, i vostri genitori vi stanno aspettando per la cena».

«Di già?», esclamò Laura guardando l’orologio, «ma è tardissimo, devo andare», e alzandosi in tutta fretta scappò verso casa, seguita dallo sguardo dell’amico.

«Vado anch’io. Grazie per la solidarietà riguardo alla piantina della scuola», disse John, sorridendo all’arcangelo. «Di niente ragazzo mio, a presto», e in un attimo si dileguò, lasciando il parco al buio. John rimase un secondo a fissare il vuoto, poi si girò e s’incamminò verso casa. Laura, tornata per tempo, apparecchiò la tavola e dopo cena si soffermò a parlare con il padre. «Oggi sono andato a trovare Carlo, l’autista dell’autobus  in ospedale. Mi ha riconosciuto subito ed è stato molto felice di vedermi, tra qualche giorno lo dimettono». «Sono contenta per lui. Ti ha raccontato come è andato l’incidente?», chiese interessata la piccola, ricordando le sensazioni negative che aveva avvertito e le nefaste figure viste sull’autobus. «Sì, mi ha accennato a qualcosa, come un pedale e lo sterzo bloccati. Mi ha raccontato di non essere riuscito a girare e a frenare e quindi lo schianto contro la cancellata della scuola era inevitabile. Certo è un po’ strano, ma i vigili del fuoco hanno detto che a volte capita, soprattutto se le opere di manutenzione sono scarse».

«Capisco, l’importante è che ora stia bene», osservò Laura sbadigliando.

«Penso che tu debba andare a letto, domani c’è scuola».

«Sì, lo penso anch’io, ho un po’ di sonno. Buonanotte papà», disse Laura avvicinandosi al padre per abbracciarlo.

«Buonanotte piccola mia, ti voglio bene». Laura salì le scale, andò in camera sua e si preparò per andare a dormire. Tuttavia, nonostante la stanchezza, non riusciva a prendere sonno. Era ansiosa per l’ispezione che si doveva compiere l’indomani presso il plesso della scuola primaria, dove Carletto e Andrea avrebbero dovuto agire in prima linea, da soli. A ripensarci, forse non era stata proprio una buona idea, non voleva certo far rischiare l’espulsione ai suoi amici. «Violet!», sospirò con un filo di voce, come se l’idea di parlare col proprio angelo le fosse giunta in sordina.

«Dimmi tutto, principessa», rispose la sua voce dal nulla.

«Dove sei? Non ti vedo», gli chiese Laura.

«Hai ragione, aspetta un momento, sono concentrato a seguire la conversazione fra Carletto e Andrea». In un baleno, l’angelo si materializzò proprio sopra la scrivania, dove Laura si era appena accostata per sistemare i libri di scuola.

« Bene, penso di essere visibile ora!».

«Molto, direi che mi stai accecando, vuoi stare più attento nei tuoi trasferimenti!», rispose Laura portandosi la destra sugli occhi per la solita luce eccessiva. « Ops! Scusami e che sono un po’ distratto. Sai, i discorsi di Carletto e Andrea sono alquanto intriganti: ti riferisco in tempo reale che stanno pianificando come raggiungere gli scantinati al riparo dello sguardo di tutti, senza farsi beccare dai bidelli o da qualcun altro».

«Oh no! È proprio questo si deve evitare, non voglio si mettano nei guai. Dai Violet, fammi uscire dal corpo, voglio andare da loro, mi devono ascoltare», disse risoluta. «Esci! Sei libera di farlo come e quando vuoi, non sono io che ti permetto di navigare al di fuori del corpo, oramai è qualcosa che fa parte di te. Se vuoi ti posso dare delle direttive: ovunque ti trovi devi cercare di sederti o sdraiarti, poiché potresti rischiare di cadere e farti male, soprattutto se dovessi essere costretta a rientrare in te bruscamente, proveresti delle sensazioni poco piacevoli, tanto da rimanerne turbata», le consigliò serenamente Violet. Laura era rimasta attonita. «Che hai bimba, che ti è successo?». «Niente, quello che mi hai detto mi ha sorpreso, non consideravo nemmeno l’idea di poter fare a meno del tuo aiuto ed ho un po’ di paura!», disse Laura ansiosa, guardando Violet .

«Oh! Ma non devi avere timore, è semplicissimo: siediti, rilassati, chiudi gli occhi e immagina di essere nella camera di Carletto. Dai, prova!».

«Ok! Quindi prima devo chiudere gli occhi».

«No, non così, rimani troppo tesa. Senti facciamo una cosa, io ti vado suggerendo cosa fare e tu mi segui con la massima tranquillità. Sei d’accordo?».

«Sì, forse è meglio, aspetta. Dai, sono pronta», rispose Laura sdraiandosi sul letto, per essere sicura di non cadere.

«Chiudi gli occhi … ». Mentre Violet scandiva soavemente le direttive, Laura cercò di metterle in pratica. Chiuse gli occhi, cercò di rilassarsi e pensò intensamente alla camera di Carletto. Pian, piano la nebbia si addensò, gli occhi si fecero pesanti sulle palpebre abbassate per poi scomparire, alleggerendo le ciglia che si spostarono di nuovo verso l’alto…e si ritrovò, stupita, ad   ammirare il Planetarium. Si girò e vide Carletto e Andrea che la fissavano terrorizzati.

«Ciao Carletto! Ciao Andrea!», li salutò avvicinandosi a loro, ma quelli indietreggiavano, spaventati dalla visione improvvisa e incorporea dell’amica.

«Sono io, Laura, non mi riconoscete?», provò a rassicurarli. Andrea ebbe un’illuminazione: ricordò di aver letto, da qualche parte, che in presenza di figure o apparizioni non convincenti, era conveniente spruzzare su di queste dell’acqua benedetta. Se fosse scomparsa era qualcosa di negativo, se invece sostava nel suo status era una figura benvenuta. Localizzò la boccetta dell’acqua benedetta sul comodino, con un movimento veloce la prese, aprì il flacone e spruzzò, addosso a quella figura inconsistente, quel poco per constatare la veridicità dell’apparizione. Laura, di contro, non sapeva se ridere o strepitare contro i suoi amici, diffidenti e increduli.

«Violet, se non vuoi che commetta errori, intervieni tu», disse Laura gelida.

«Certo cara!»

«Salve a tutti, il qui presente spirito è Laura, senza il suo corpo che ha lasciato a poltrire in camera sua». I ragazzini si portarono la manina alla bocca e si lasciarono sfuggire un’esclamazione di esagerata meraviglia

 «Non ci posso credere, sei proprio tu, Laura?», esclamò Andrea.

«Certo che sono io, chi ti sembravo?  Magari un po’ più trasparente, ma sempre Laura».

«Questa situazione non mi è nuova», farfugliò Carletto, sedendosi per terra.

«Ci siamo incontrati allo stesso modo in sogno e, se non ricordo male e, se non ricordo male, sei sei stato proprio tu ad invitarmi ad uscire dal mio corpo con più autonomia, o sbaglio?», rispose Laura sedendosi accanto a lui.

«Sì, è vero, però ora è diverso, siamo svegli, non stiamo sognando», ribadì Carletto, non distogliendo gli occhi da Laura.

«Comunque sia, sono venuta per parlare della perlustrazione degli scantinati del vostro padiglione. Non voglio che ci andiate, è troppo pericoloso, vi potrebbero scoprire ed espellere. Dobbiamo trovare un’altra maniera»

«E quale? Noi non possiamo lasciare il nostro corpo e vagare come fai tu!», osservò Andrea sistemandosi vicino a Laura, ma stando bene attenta a non avvicinarsi troppo, poiché oltre a farle un po’ d’impressione aveva paura degli effetti collaterali che lo sfioramento avrebbe potuto causarle.

«Perché non andiamo tutti e tre, noi fisicamente e tu spiritualmente», propose Carletto.

«Ed invece se ci andassi solo io e poi vi facessi sapere?», ribattè Laura.

«Non se ne parla neanche. Vuoi forse levarci il divertimento di questa avventura?», disse Carletto.

«È troppo rischioso per voi ».

«Ma anche per te, se è per questo», obiettò Andrea fissando l’amica accanto a lei.

Il silenzio piombò nella stanza, Laura si alzò e si avvicinò ad osservare nuovamente il planetario.

«È da molto che non ci riuniamo ad osservare il cielo, dovremmo farlo nuovamente, penso che ci aiuterebbe ad attenuare le tensioni», sostenne, voltandosi a guardare i ragazzini.

«Sì, ma che attinenza c’è con la ricerca del quadro? È un modo per sviarci?», cercava di capire Carletto.

«Forse, sapete sono preoccupata, poiché penso che, se il quadro è in questi sotterranei, vi potrebbe anche essere qualche presenza negativa e non voglio che vi succeda qualcosa», sussurrò la ragazzina, continuando a fissare il poster stellato.

«Perché dici questo? È successo qualcosa?».

«Spesso quando trattiamo di questo argomento, mi sento attraversare da tremiti strani. Forse il nemico ha capito le nostre intenzioni e vorrebbe ostacolarci», continuò Laura, rivolgendosi questa volta a Violet.

«È possibile! Come vi hanno detto gli Arcangeli è scaltro e sa che tu hai una parte di lui che rivuole assolutamente», rispose Violet, giocando con i suoi riccioli.

«Scusate se mi intrometto, ma l’arcangelo Raffaele non ha sempre detto che il diavolo non può avvicinarsi a noi, perché siamo protetti da tutto l’esercito degli angeli?», chiese Andrea.

«Certo, ma questo non esclude che il nemico non possa scrutare, aspettare, ingannare e raggiungere l’obiettivo, servendosi proprio di te», chiarì Violet, spostandosi accanto ai ragazzini.

«Quindi siamo sempre tutti a rischio, non c’è niente che possa tenerci al sicuro», dedusse Andrea preoccupata, guardando Carletto e Laura.

«Esiste qualcosa, un elemento imprescindibile da quella che è la nostra natura spirituale ed è la fede!»,esordì l‘angelo ironizzando sullo scetticismo della bambina, la quale divenne rosso fuoco. Carletto non potendo dare torto a Violet, poiché conosceva il cinismo della sorellina, cercò di spostare l’argomento su un altro piano.

«Dobbiamo organizzare un piano comune per aiutarci a vicenda», propose Carletto, più fiducioso della sorella.

«L’ideale sarebbe agire dopo questo fine settimana, lunedì prossimo, visto che noi abbiamo il rientro pomeridiano a scuola. Di solito rimaniamo in istituto per il pranzo, poi c’è lo stacco di una pausa, nella quale possiamo muoverci come vogliamo, senza sorveglianza alcuna. Possiamo agire in quest’ora. Tu Laura ti terrai in contatto con noi attraverso Violet e Jasmine ti avvertirà quando noi decideremo di scendere nei seminterrati. A questo punto potrai raggiungerci come hai fatto adesso, con la tua parte di natura incorporea, per avvertirci di eventuali negatività. Che dite?», concluse Carletto.

«Va bene, proviamo», assentì Laura, non molto convinta

I ragazzi si scambiarono un’occhiata fugace, rimanendo qualche attimo in silenzio, poi Laura si alzò e stiracchiandosi disse: «Penso che rientrerò nel mio corpo, la giornata è stata lunga e sono molto stanca, buonanotte!», e salutando gli amici si dileguò con Violet.

Cecile Caravaglios

To be continued

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