Per lei
Neanche il sonno indotto riusciva a darle riposo. Dalle palpebre chiuse sembrava chiedere pace vera, oltre quel fermo necessario. Distesa, improvvisa uscita dopo incredula, palpitante, incosciente attesa, dalla stanza border tra la vita e la vita, nelle mani, fra i cuori piegati e flessi su un corpo, carichi di scienza e trascinati dalla sfida. Bianca bella da bloccare le stesse lacrime, primo sintomo di vicinanza, in tanta distanza dal dolore, la paura, la resa al mistero in visita clandestina.
In braccio ad un letto in corsa protetta e attenta, il naso sfidava l’alto dalla sua perfezione intatta. Convogliava respiri taciti, accaniti, alleati. Pochi centimetri di vita riempivano trasparenze fiabesche ipertecnologiche in un luogo per pochi, asettico per irrorare tempo, aria, nutrimento, somme strati e sfoglie di formule chimiche e medicali, supplenze temporanee a una sua carezza, artifici emuli della natura. L’avrebbe attesa, assomigliandole, dal naso, vela dell’etere e della discendenza. 23 anni fa. Scrivo per lui. Grazie mamma.