La signora Clelia si è alzata con la luna storta
La signora Clelia si è alzata con la luna storta. Sarà pure nuova, pensa, ma è storta. Sicuramente lo sarà per un po’, con quelle sue punte all’insù a dondolare beate nel cielo. Piena. Ecco come deve essere per non essere storta. Ma è ancora troppo presto. Intanto se ne sta nascosta. Come tutte le cose nuove che giocano a nascondino col tempo. Di tempo ne ha, la signora Clelia. Ne ha avuto anche. Prima. Con tutte le lune e le stelle e il naso all’insù.
C’erano state notti buie, nuove come la luna, e notti piene, più o meno della luna. E altre storte, crescenti e calanti. Per non parlare dei giorni, anche quelli nuovi, pieni, usati. E bui, alcuni. Non tutti. Si ricordava di giorni luminosissimi nonostante il sole fosse più nuovo della luna, a volte. Nascosto. E sole pieno, ogni tanto, da non poterlo tenere in su il naso, e nemmeno gli occhi aperti. Ed era come se fosse tutto nuovo allora, la luna, il sole, le stelle. Quelle cadute, quelle cadenti, quelle fisse. Ma questa mattina, benché nuova, la luna è storta. E alla signora Clelia viene in mente una parola.
Così, da sola, da dire e basta fuori luogo e fuori tempo. Al vicino sulle scale che le augura il buongiorno. E poi alla cassiera, al supermercato, invece di chiedere il conto. E a casa anche, ai fantasmi che ogni tanto lo presentano. Non lo ha detto prima. A tempo e luogo debito. E vuole pagarlo, ora, il conto. E non avere più debito con la luna, storta, che continuerà a dondolare beatamente nel cielo, tra un po’. Oggi è nuova. Fanculo. Al vicino, alla cassiera, ai fantasmi e alla luna.
Maria La Bianca
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