Muriel 15 – Esserci e non esserci

Muriel 15 – Esserci e non esserci

Un boato coprì le loro voci. Henry e John erano appena arrivati davanti alla scuola in macchina, accompagnati dal padre, mettendo su castelli in aria per giustificare il ritardo dei loro preparativi, in verità dovuto al risveglio singolare che li accomunava. Timidamente e poi energicamente, si erano accorti di aver fatto lo stesso sogno, e superando presto la fase dello stupore, ne avevano ricostruito i passi essenziali e le dinamiche, fra rubinetti aperti, felpe da indossare e le parole chiarificatrici di Camomile, intervenuto a sciogliere nodi e incredulità. Quindi senza farsi più troppe domande, tanto ormai erano trascinanti nel torrente in piena delle novità più o meno angeliche, adesso si aspettavano la puntata numero uno dell’avventura di gruppo. Una frenata improvvisa e stridente s’impose nell’aria, spostando tutta l’attenzione e lo spavento degli Scott sul bus di linea ribaltato su un fianco, per effetto dell’urto violento contro la cancellata della scuola. I tre si precipitarono giù dalla macchina, mentre le urla del circondario aggiungevano ansia a quella scena agghiacciante.

«Che è successo?».

«Non so, ho sentito uno schianto e sono accorso».

«Forse una macchia d’olio?».

«Forse l’autista si è sentito improvvisamente male?».

«Perché andava veloce, invece di rallentare?».

«Ma com’è possibile che si sia inclinato così?».

«Mamma mia!», erano le domande che rimbalzavano sullo spiazzo. Il signor Scott si fece avanti fra la gente che spingeva come impazzita, Henry e John lo seguivano spaventati storditi dalle grida dei presenti che man mano diventavano tutti persone conosciute. Fu questo a far scattare nella mente di Henry e John la paura di chi vi poteva essere sopra a quell’autobus… Si diressero velocemente verso il luogo dell’incidente, dove la calca della gente aumentava di secondo in secondo e lì si accorsero, con immenso rammarico, che l’autobus era pieno di studenti rimasti intrappolati dentro l‘abitacolo del veicolo. Senza perdere tempo il signor Scott si avvicinò alle porte del bus e cercò di aprirle, ma senza nessun risultato all’interno si sentivano pianti e le urla di bambini e dei ragazzi terrorizzati.

«Henry, John, datemi una mano per provare ad aprire queste porte, sono serrate», gridò energicamente il signor Scott, accorso per primo a tentare di far scendere tutti gli studenti dalla parte rivolta verso l’alto di quella carcassa immobile.

«Papà, è impossibile! Sono bloccate!», rispose Henry, dopo aver provato ad azionare le maniglie.

«Ci vogliono i vigili del fuoco, vado a chiamarli subito», osservò il signor Scott, dirigendosi di volata verso la sua autovettura per prendere il cellulare.

«Laura!», gridò Henry, vedendola avvicinarsi leggera e spedita.

«Avete invocato gli angeli?».

«No … non … », balbettarono i fratelli.

«Violet, Camomile, Lavander!», si diede subito da fare l’amica.

«Eccoci!».

«Ci sono anch’io», «E anch’io», si unirono agli altri Roselin e Jasmine.

«Sì e ci siamo anche noi», strillarono da lontano Andrea e Carletto, correndo verso di loro.

«Laura, noi angeli voliamo subito dentro!», disse Violet, sparendo dalla loro vista.

«Stanno arrivando i soccorsi: autoambulanze, polizia, pompieri, tutti! Ma intanto proviamo a liberare almeno il conducente, dall’altra parte!», disse il signor Scott, subito di ritorno. I figli annuirono, ma John teneva sottocchio Laura. Per un istante John si voltò indietro preoccupato a guardare Laura, la quale gli era sembrata persa nei propri pensieri con una strana espressione sul viso. La ragazzina in effetti continuava guardarsi intorno intimorita. Aveva avvertito delle brutte sensazioni fin dal mattino, ma queste erano niente in confronto a ciò che captava in quel luogo.

 Riusciva ad intravvedere delle sagome, … avevano strane forme ma non distingueva niente di chiaro, sentiva solo il suo cuore battere a mille e le strane brutte sensazioni si ricominciarono a fare vive alternandosi senza sosta, stava entrando nel panico, no, non poteva essere.

«Ehi Laura, che hai? Sei pallidissima», le chiese Carletto, tirandola per il giaccone.

«Ho di nuovo quelle strane sensazioni. E vedo sagome, senza contorni», rispose Laura sudando freddo.

«Siediti qui», le disse Andrea, porgendole lo zaino come sgabello. Laura accettò l’invito e si sedette cercando di non cadere ma la vista le si annebbiò con la mano si aggrappò al giaccone di Carletto per sorreggersi. Tutto intorno diventò sfocato e… si trovò a guardare se stessa distesa accanto a Carletto e Andrea che gridavano il suo nome strattonandola. La scena, vista in quelle dimensioni, sembrava svolgersi a rallentatore.

«Su Laura, vieni dobbiamo agire subito l’aria all’interno dell’abitacolo sta cominciando a scarseggiare e molti ragazzini sono già sofferenti» affermò una voce melodiosa. Laura rapita da quella voce, si voltò e riconobbe in quell’essere splendente l’arcangelo Raffaele.

«Sì, arrivo!», esclamò e affiancandolo, sorvolarono senza fatica la strada che li separava dal disastro, trapassando la gente che oramai  barricava, per l’affollamento, il passaggio.

Laura, perfettamente sdoppiata, faceva il suo secondo pronto intervento, dopo quello della palestra. Il suo corpo era improvvisamente svenuto fra le braccia di Andrea e la sua anima seguiva il richiamo melodioso dell’arcangelo Raffaele, oltrepassando i vetri del bus.

«Ascoltami Laura, se vogliamo salvarli, abbiamo bisogno di tutti i loro angeli custodi. Ma devono invocarli loro, lo sai. Mettici tu la parola giusta, prova a convincerli, non sarà facile! Facciamo presto!», disse Raffaele con intorno le ali degli angeli già in squadra, capitanati da Violet. Laura galleggiava insieme a Raffaele in quello spazio angusto, cercando di fare il punto su quel groviglio di gambe, mani e braccia che cercavano che un appiglio. Per lei era stato semplicissimo spostarsi dallo spiazzale esterno al chiuso del bus, con la sola forza ispiratrice della voce dell’arcangelo, e lì invece era tutto sottosopra e sembrava inestricabile. Bambini stesi a terra che tentavano di divincolarsi da quelli sopra di loro, alcuni che tossivano qua e là, altri aggrappati alle sbarre che usualmente si usano per tenersi in piedi nel tragitto di linea. In quel gran parapiglia, fu attratta dai lamenti di una ragazzina, stesa in una posizione innaturale con un sedile rovesciato sulla gamba ed un bambino aggrappato al sedile. Laura la riconobbe, era una sua compagna di classe, si avvicinò e le sussurrò: «Elisa, ci siamo noi, andrà tutto bene! Invoca il tuo angelo custode, dai che tutto si risolverà». La ragazza volse il viso nella sua direzione, dimostrando di aver sentito proprio la sua voce e di voler identificare da dove provenisse. Laura era stupefatta dal come l‘amica sentiva la sua voce.

«Elisa, invoca il tuo angelo, per favore, so che ti sembrerà stupido, ma fallo, credici!».Nuovamente Erminia si girò attorno, ora le uscivano le lacrime dagli occhi e in un sussurro nascosto dai singhiozzi farfugliò «Angelo mio aiutaci!»

In quell’ istante un piccolo essere luminoso sbucò dal nulla sorrise a Laura e prendendo come un cesto di frutta, il sedile con tutto il ragazzino di sopra, lo sollevò con delicatezza e lo tenne a qualche cm sospeso da Erminia, con la meraviglia di tutti i presenti e soprattutto del piccolo che volteggiava in aria. Laura era sbalordita, ma era niente in confronto all’espressione di Elisa che esplose in un sorriso rigato dalle lacrime «Grazie angelo mio grazie», girandosi verso un altro ragazzino accanto a lei, che come lei era incastrato sotto un sedile lo strattonò e gli disse «guarda cosa ha fatto il mio angelo custode, mi ha spostato il sedile».

Il ragazzino la guardò con un grosso interrogativo sul viso e con un fil di voce le disse «Tu sei pazza». Elisa un po’ risentita si voltò dall’altro lato e cominciò a interagire con gli altri ragazzi, per comunicare loro il suo aiuto… eccezionale. Increduli ma disperati molti bambini seguirono l’esempio di Elisa, liberandosi anche essi dai vincoli che li trattenevano, e fu così che quel tam tam inondò l’abitacolo di profumi e di esseri splendenti.

Gli angeli sbucavano dal nulla a ritmo incalzante, come per incanto dando vita ad uno scenario affascinante che avvinse Laura, facendole dimenticare il contesto angoscioso in cui si trovava. Fu in questo gioco di apparizioni che li vide per la prima volta, non più sensazioni angosciose ma realtà visibili. Tra le vesti di luce erano sagome nere, fosche che si muovevano viscidamente tra i bambini e, scomparivano, man mano apparivano gli angeli. Laura sbigottita ricercò lo sguardo di Raffaele che la ricambiò contrito. Senza avere il tempo di pensare o dire parola, Laura si ritrovò immediatamente lontana da quella spiacevole percezione all’interno della cabina del conducente. Cercando di capire che cosa stava accadendo, si guardò intorno e sbirciando attraverso i vetri adiacenti dell’abitacolo intravide il Signor Scott, Henry e John che si affannavano attorno alle porte incastrate del mezzo, senza nessun risultato. Dal viso di John, i suoi occhi si spostarono al sedile dell’autista e lì ebbe un fremito per la scena che gli presentava innanzi. Il povero uomo era rovesciato contro il volano del mezzo con la testa compressa contro il vetro del parabrezza, oramai frantumato e il viso in una maschera di sangue.

«Raffaele aiutami, che devo fare!». L’arcangelo che aveva diffuso la sua supervisione, seduto sul grosso cruscotto, le sorrise, balzando dalla sua postazione al portellone, che sbloccò con risolutezza, aprendolo verso l’esterno con il palmo della mano.

«Ragazzi, ce l’abbiamo fatta, si è sbloccato!», gridò il Signor Scott, congratulandosi con gli altri due papà che si erano uniti a lui in quell’impresa impossibile. Un applauso si alzò dalla folla circostante, ma Henry e John si guardarono perplessi: «Per la verità, io ho avuto l’impressione che la porta si sia aperta dall’interno», disse John, accarezzandosi il mento.

«Sì, anch’io ho avuto la stessa impressione, come se qualcuno l’avesse sbloccata dall’interno e poi l’avesse spinta», osservò Henry, avvicinandosi al portellone per accertarsi della sua supposizione, ma il padre lo precedette e non senza qualche difficoltà entrò nella cabina.

«Ragazzi mi dispiace deludervi, ma qui dentro non c’è nessuno a parte l’autista … e un profumo, uhm! Meraviglioso, ma da dove proviene?», Henry e John si guardarono con qualche idea per la testa, ma non si pronunciarono. «Piuttosto, i soccorsi tardano ad arrivare! Qui l’autista non dà segni di vita, ma respira ancora!», proseguì disperato, con la mano ancora pressata sulla giugulare dell’uomo. «No, grazie a Dio, eccoli, sono arrivati». Dalle porte inspiegabilmente disincastrate defluivano i ragazzini, subito accolti a terra da vigili e infermieri dispiegati in gran numero. Qualcuno restava ancora a bordo, fra cui Elisa e il ragazzo sotto il sedile. Laura in quel gran movimento là fuori si vide sollevare su una barella, circondata dai suoi amici.

«Affrettati a ritornare ti stanno portando in ospedale!».

Laura notò il viso contrito di John che si accostava al suo per darle un bacio… e tornò in sé. «Sono qui… di nuovo»,sussurrò e aprì gli occhi..

John trasalì a sentire la vocina della sua amica e tra le lacrime si chinò ad abbracciarla sussurrandole «Laura non ci provare mai più,… mai più! »

Andrea accorgendosi del risveglio dell’amica le corse incontro per abbracciarla. In quel giro di sguardi, di sorrisi ed emozioni, i suoi occhi incrociarono quelli di Carletto, che impassibile con i pugni stretti e gli occhi fissi su di lei, nervosamente si mordeva le labbra. Laura capì quanto li aveva fatti preoccupare e che al più presto doveva rendere partecipi i suoi amici di ciò che le stava accadendo.

Cecile Caravaglios

To be continued

 

 

 

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